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giovedì 15 settembre 2011

I media e la rappresentazione della realtà

da: FERPI - Valeria Cecilia

Un supercomputer, Nautilus, realizzato da un team di ricercatori americani, è in grado di analizzare milioni di articoli giornalistici e capire gli elementi di crisi di un paese. Da questa notizia/provocazione, Valeria Cecilia riflette sulla capacità dei media di essere rappresentativi della realtà e sul ruolo dei Media Relator che, per propria mission leggono i giornali anche per trarne analisi di scenari e formulare indicazioni utili ai decision maker delle proprie organizzazioni.



Sono diversi i media (1) che in questi giorni hanno riportato la notizia di un supercomputer, un certo Nautilus, in grado di analizzare centinaia di milioni di articoli giornalistici e da qui capire gli elementi di crisi di un paese, prevedere eventuali rivoluzioni e sommosse popolari, scovare terroristi nascosti come per esempio, a suo tempo, un certo Bin Landen.

Nautilus, questo super computer, è stato messo a punto da Kalev Leetaru, un professore dell’Università dell’Illinois che insieme ai suoi ricercatori vi ha inserito la bellezza 100 milioni di articoli giornalistici, (stampa, tv, radio) affidando poi allo stesso pc il delicato compito di fare un’ “analisi di scenario” attraverso la ricerca di parole chiavi. Ad esempio, per l’analisi delle tensioni e dei punti di crisi socio politici di un dato paese le parole chiave scelte sono state quelle che descrivono lo stato d’animo e le opinioni dei cittadini: “terribile”, “orribile”, “bello”.

Con questo sistema, a quanto pare, i ricercatori hanno fatto previsione giuste circa fatti non certo secondari, quali quelli primavera araba, in Libia come in Egitto, e anche su fatti meno recenti, quali la prima guerra del golfo del ‘91 e quella dell’Iraq nel 2003. Ed è sulla base di queste giuste analisi e previsioni che – riporta lunedì 12 settembre Guido Olimpio sul Corriere della Sera – "i gestori di Nautilus ritengono che la macchina unita all’analisi dei sentimenti può dare una mano a servizi segreti e governi. Anzi, Leetaru sostiene che le capacità del supercomputer se rifornito di informazioni accurate, superino quelle degli 007 e degli analisti”. Il tutto, vorrei sottolinearlo ancora, analizzando quanto riportato dai media.

Ciò secondo me propone un parallelo interessante con l’attività dei relatori pubblici, dei Media Relator in particolare, ovvero coloro che per lavoro leggono e analizzano quanto riportato dai media, (anche se non certo con la capienza elaborativa di Nautilus…) anche con lo scopo di trarne analisi di scenari e altre indicazioni utili da fornire ai decision maker delle proprie organizzazioni.

Ma la primissima riflessione che mi ha fatto fare Nautilus devo dire che è stata un’altra: se lui si affida ai media per fare indagini così importanti e riesce a fare analisi corrette, allora significa che i media sono ancora in buona parte rappresentativi della realtà! Ed è stato un pensiero davvero piacevole e confortante dato che ormai siamo abituati a considerare i media sempre avvolti con tutti quei fattori che vogliono influenzarli, distorcendo e inquinandone l’autenticità delle notizie (anche per responsabilità dei media e giornalisti stessi ovviamente non solo degli influencer), come ad esempio il noto rapporto tra pubblicità e spazi giornalistici), le quote nei cda, gli uffici stampa (noi!) che fanno pressione e “confezionano” notizie, la politica e i politici, le amicizie, i ricatti (non ultimo ricordiamo il caso Porro – Apicella.

La seconda riflessione è più complicata: ho pensato che probabilmente vanno fatti dei distinguo. Forse ci sono settori giornalistici, pagine, aree, dove l’influenza, l’inquinamento è più forte e altri meno: quelli politici? Quelli dedicati alle aziende? E la cronaca invece? Nautilus come fa? Non so, mi piacerebbe che fosse fatta un’indagine sull’indipendenza dei media divisa per le loro diverse aree.

Certo è che non smetto di pensare che alla fine, nell’insieme, i media hanno ancora ruolo primario nella narrazione della realtà, nello scrivere la storia.

Tornando a noi e alle Rp, se il professor Kalev Leetaru ha dichiarato che il suo sistema può far meglio dei servizi segreti, senza eccedere in presunzione, chi per lavoro monitora tutti i giorni i giornali, ovvero il caro vecchio addetto stampa, ha un lavoro di intelligence della realtà importante e utile da poter fare per il proprio committente.

Infatti chi è addetto alla lettura dei giornali e al confezionamento per il proprio cliente o per il proprio board di una rassegna stampa e della relativa analisi, chi la mattina manda una mail o fa’ un intervento in riunione per presentare il proprio punto di vista “sul da farsi”, argomentando con quanto di sua conoscenza (analisi di scenario fatta attraverso i media) credo abbia un mestiere pieno di stimoli e opportunità, oggi e nel futuro scenario, costituito da nuovi modelli gestionali delle organizzazioni e stakeholder sempre più consapevoli e attivi.

E’ quanto sostenevo mesi fa scrivevo convinta su questo sito che l’ufficio stampa è tutt’altro che morto nell’ era della disintermediazione e dei social media.

Ma oltre alle opportunità noi abbiamo anche delle responsabilità importanti: se è pacifico che il mondo dell’informazione costituisce una delle più preziose risorse della nostra libertà individuale e della democrazia, come addetti stampa abbiamo delle responsabilità nel preservare quel mondo, non inquinandolo, rispettandolo e facendosi ovviamente rispettare dai suoi addetti. Come recentemente anche un illustre direttore come Ferruccio de Bortoli ce lo ha ricordato, spedendoci un messaggio diretto a ognuno di noi.

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