di: Il Foglio
All’università mormona dello Utah arriva un ragazzone nero che fa sognare la squadra di basket. Poi il disastro: si scopre che fa l’amore con la fidanzata e viene espulso. Storia di un puritanesimo senza eccezioni
Poi è arrivato Brandon Davies, uno stangone nero nato da quelle parti, che i maggiorenti dell’università hanno convinto a restare in forza alla squadra di pallacanestro della BYU invece che accettare le allettanti proposte dei college californiani. Brandon s’iscrive, gioca, la squadra inizia a vincere e in pochi mesi decolla. Il branco di ragazzotti biondi e dai cognomi scandinavi diventano il coro delle scorribande sotto canestro dell’astro nero, e la sequenza di vittorie dei Cougars, come vengono chiamati, fa sensazione: è l’anno buono per vedere Brigham Young alle finali, decretano gli esperti.
Un paio di giorni fa, il disastro. Nelle stesse ore in cui BYU arriva addirittura al primo posto del ranking stagionale del college basketball, Brandon Davies è accusato dai dirigenti dell’università di aver avuto rapporti sessuali con la fidanzata, contravvenendo all’articolo 2 del “Codice d’onore” che gli studenti dell’istituzione – proprietà della Chiesa di Gesù Cristo degli Ultimi Giorni – s’impegnano a rispettare: vivi in castità (al numero 1 c’è “sii onesto”, gli altri raccomandano di non bere, fumare, bere tè e caffè, non parlare sporco, andare in chiesa, vestirsi decentemente e soprattutto sorvegliare che gli altri studenti s’attengano al Codice – e qui si dev’essere fregato Brandon, denunciato da qualche pio compagno). La blogosfera sportiva e i talk show sono montati sulla notizia: che diamine, il ragazzino non ha fatto niente di male, niente che non venga consumato milioni di volte ogni notte in tutti i college d’America. Fermarlo significa umiliarlo, rendere vani gli sforzi dei compagni, deludere i tifosi. Brandon è apparso subito contrito: s’è scusato, ha ammesso l’errore, ha mugugnato quanto gli dispiaceva e alla domanda più attesa ha detto che sì, l’anno prossimo, anziché andare a guadagnare i miliardi dei professionisti, resterà ancora a Brigham Young per restituire alla squadra ciò che gli hanno sottratto i suoi ormoni (nel frattempo i Cougars, per la prima volta senza di lui, rimediavano una scoppola dai carneadi di New Mexico). Mentre alcuni dicevano che è il momento di lanciare una rivoluzione in nome della castità, l’America non mormona insisteva: così si rovina un ragazzo! C’è troppa ipocrisia in questa decisione, e gusto dello scandalo! Macché, rispondono da Provo: le regole sono uguali per tutti. Gli standard comportamentali richiesti agli studenti della Brigham Young sono elevati, ammettere eccezioni sarebbe irresponsabile e distruttivo. Non si tratta di decidere se è giusto o sbagliato: è un impegno preso.
Arrivare alle finali nazionali del torneo universitario vuol dire ricoprire d’oro la propria istituzione. Ci si vive di rendita per anni, tra diritti tv e visibilità. Ma dalle parti di Provo la graduatoria delle priorità è diversa e di questa diversità si nutre quel lifestyle arroccato e convinto che contraddistingue i mormoni. Per le migliaia di studenti che ogni anno provano a entrare alla Brigham Young, l’esistenza di quel Codice d’onore è un dato essenziale. E’ un binario esistenziale. Con Brandon in punizione non festeggeranno la vittoria, ma assaporeranno l’orgoglio di vivere e studiare secondo i loro propositi. In presenza della libertà di scelta, difficile dar loro torto.
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