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lunedì 21 marzo 2011

Un dittatore da eliminare

di: Paolo Visno­viz - zonadifrontiera.or

Puoi pri­varti di tutto, tranne che della terra.
La terra è l’unica cosa senza la quale non puoi far niente.
Se distrug­gessi le altre cose potre­sti rime­diare, ma guar­dati dal distrug­gere la terra, per­ché allora per­de­re­sti tutto!
(Muam­mar Gheddafi)

Ci stanno coglio­nando. Parlo della Libia. Tutti affer­mano si tratta di una lotta per la libertà di quel popolo e l’informazione schie­rata a sini­stra è entu­sia­sta di que­sta ven­tata d’interventismo in difesa di una demo­cra­zia che forse verrà. Obama afferma «i libici devono essere pro­tetti» e Sar­kozy non perde tempo e sca­tena i jet. 

Gli ame­ri­cani ini­ziano a lan­ciare i mis­sili a lunga git­tata Cruise dalle navi.
Da tempo la stampa nazio­nale ed inter­na­zio­nale ha ini­ziato a fare il vuoto attorno a Ghed­dafi, dipin­gen­dolo come un feroce e san­gui­na­rio tiranno. Ma avete mai visto prove di que­sti sup­po­sti assas­si­nii di massa? No, non ve ne sono. Alja­zeera ha ben gio­cato le sue carte. Fin dall’inizio delle pro­te­ste e dei primi scon­tri ha rac­con­tato di stragi, giun­gendo ad affer­mare vi sareb­bero state fino a 10mila vit­time. Ci hanno mostrato buchi nella sab­bia vuoti, spac­cian­doli per fosse comuni. Ma nes­suno poteva con­trol­lare: non c’erano altri gior­na­li­sti nel Paese.

In seguito, quando è arri­vata la stampa inter­na­zio­nale si è dovuto ammet­tere — con un certo imba­razzo — che i morti sareb­bero stati forse 400. Forse. Nes­suno ha mai visto nem­meno quelli. Colpa del Colon­nello che ha distrutto le tombe, bru­ciato i corpi, occul­tato tutto, si è detto. Forse. Ormai l’immagine di un Gheddaffi-sanguinario è pas­sata e si è ben stam­pata nell’immaginario collettivo.

Tutti con­tro Ghed­dafi, il tiranno. Vero, indub­bia­mente un dit­ta­tore, ma da anni aveva abban­do­nato la via del ter­ro­ri­smo. Loc­ker­bie è rima­sta una ter­ri­bile mac­chia sul suo cur­ri­cu­lum, ma negli anni seguenti è rigato dritto e nes­suno lo ha mai nem­meno accu­sato di finan­ziare frange ever­sive. Anzi, ha sem­pre tenuto la Libia fuori dai venti dell’integralismo.

La Libia del rais era un Paese dove c’era libertà di reli­gione, non c’era dif­fe­renza di genere e le ragazze acce­de­vano tran­quil­la­mente alla scuola come pure i ber­ber, altrove discri­mi­nati. (Per “ber­ber” intendo tutti i discen­denti delle popo­la­zioni autoc­tone, non neces­sa­ria­mente libi­che, ante­ce­denti l’islamizzazione: tua­reg, gara­manti, beduini, kabili, ecc. È quindi errata la distin­zione che viene fatta spesso sui quo­ti­diani tra ber­beri e tua­reg.) È stato Ghed­dafi a bat­tersi affin­ché le popo­la­zioni nomadi del deserto non fos­sero suscet­ti­bili ai con­fini in tutto il Sahara, potendo attra­ver­sarlo in tutte le sue sab­bie senza pre­oc­cu­parsi di sapere in quale nazione fossero.

Un dit­ta­tore che sognava la demo­cra­zia diretta, il “regime delle masse”, la Jamā­hī­riyya. Il suo libro verde è un miscu­glio di socia­li­smo e pana­ra­bi­smo con pro­fonde influenze musul­mane. Ha sem­pre inse­guito il sogno di fare dell’Africa un con­ti­nente forte ed unito, con metodi ed esiti a volte discu­ti­bili, pro­cu­ran­dosi nemici lon­tani e vicini, ma cer­ta­mente non con i campi di concentramento.

Se il regime di Ghed­dafi fosse stato così ter­ri­bile e le con­di­zioni della popo­la­zione così tre­mende, è ben curioso non vi siano nel resto del mondo rifu­giati o immi­grati libici. I migranti sono sem­pre giunti da noi dal Marocco, dalla Tuni­sia, dall’Egitto e ancora dal Sudan, Eri­trea, Sene­gal, Chad, Niger, ecc, ma mai dalla Libia. Tutt’ora, a guerra in corso, chi scappa dalla Libia sono gli immi­grati. Sì, milioni di immi­grati che dall’Egitto, dal Sudan, dal Chad e finan­che dal Ban­gla­desh erano giunti in que­sto Paese per lavo­rare. Milioni di cre­tini che anda­vano a met­tersi nelle mani di un san­gui­na­rio tiranno.

Ci stanno coglio­nando, lo ripeto. E il nostro governo si è com­por­tato in modo inde­gno, rin­ne­gando una poli­tica che, a fatica ma con suc­cesso, ci aveva ripor­tato al cen­tro del Medi­ter­ra­neo. Abbiamo tra­dito un part­ner cui fino a ieri abbiamo giu­rato ami­ci­zia, pugna­lan­dolo alle spalle. Ci siamo com­por­tati come la solita ita­lietta bal­bet­tante, inca­pace del corag­gio di una poli­tica estera auto­noma. L’unico che ha avuto il corag­gio di distin­guersi è stato Bossi. Tutti gli altri applau­dono e seguono come pecore l’invasione mili­tare di un Paese sovrano, anzi recla­mando mag­giori compiti.

Non credo ad un lea­der asser­ra­gliato nel suo bun­ker, difeso da un mani­polo di fede­lis­simi. È vero il con­tra­rio, la mag­gior parte della popo­la­zione è con lui, lo è sem­pre stata. E altri, den­tro e fuori i con­fini, lo segui­ranno ora che gli si è rega­lato un nemico esterno, il tanto odiato cane infe­dele che viene a pro­fa­nare il sacro suolo dell’Islam.

Spero pro­prio i grandi stra­te­ghi occi­den­tali sap­piano cosa stiano facendo, per­ché così rischiano di spac­care la Libia in due, con il peri­colo di incan­cre­nire la situa­zione per lungo tempo a venire. Nes­suno riu­scirà a liqui­dare il rais, a meno di un attacco di terra da parte della coa­li­zione arabo-americana-europea. Non saranno cer­ta­mente quei quat­tro gatti disor­ga­niz­zati di ribelli a togliere le casta­gne dal fuoco all’Occidente.

Ma se la situa­zione non si sbloc­cherà in breve tempo i russi potreb­bero deci­dere di aiu­tare Ghed­dafi e que­sto potrebbe allearsi anche con Alqaeda per uscire dall’accerchiamento. Se la situa­zione non si risol­verà in pochi giorni aspet­tia­moci esiti impre­ve­di­bili e, nel medio e lungo periodo, una recru­de­scenza del terrorismo.

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