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martedì 8 marzo 2011

Sorpresa a sinistra, il Pd boccia i consigli iperfiscalisti di Scalfari

di: Michele Arnese e Marco Valerio Lo Prete - Il Foglio

Giornaloni, banchieri, pm, grandi scrittori, tutti sembrano voler comandare su un Pd che appare sempre più a rischio “eterodirezione”. Adesso ci si rimette anche Eugenio Scalfari con le sue proposte di politica economica? “Non credo che l’editoriale di domenica di Repubblica rientri, almeno questa volta, in quella che al Foglio avete definito ‘eterodirezione’ – dice Stefano Fassina, responsabile economia del Pd – Questa volta da Repubblica viene infatti un intervento sul merito di un argomento, la crescita, e una proposta concreta”. Ovvero, per usare le parole di Scalfari, “tassare subito chi ha un adeguato imponibile, da oggi fino a quando la riforma fiscale sarà varata, e col ricavato rilanciare la crescita”; una proposta che i partiti di opposizione dovrebbero presentare in Parlamento, ha auspicato il fondatore di Repubblica.

Il Pd è d’accordo? “L’attenzione al dossier crescita è fondamentale e questo governo ha trascurato il tema. Un processo di riduzione del debito pubblico può avvenire soltanto se la crescita potenziale aumenta. Ma non condivido la proposta di Scalfari – aggiunge Fassina – la trovo allo stesso tempo iniqua e inefficace se l’obiettivo è quello di alimentare lo sviluppo”. Ingiusta perché come fu per l’eurotassa, alla quale Scalfari apertamente si ispira, “questa tassa straordinaria non potrà che colpire le classi medie, ovvero soprattutto i dipendenti, e in definitiva quelli che le tasse già le pagano tutte”. Non solo, secondo Fassina il paragone con l’eurotassa degli anni 90 regge soltanto fino a un certo punto: “Questa volta siamo sicuri che ci sarebbe l’effetto depressivo, mentre non si capisce quale potrebbe essere il fattore propulsivo successivo”. Il Pd dunque non presenterà questa proposta in parlamento, come auspicato dal fondatore di Rep.: “Piuttosto continueremo a dare battaglia sulle nostre di proposte. Tre i punti su cui pressiamo il governo dal giugno 2008: riforme strutturali, ristrutturazione della pubblica amministrazione e infine riforma fiscale a gettito invariato, incrementando la lotta all’evasione, e ridistribuendo il carico dal lavoro e dall’impresa ai redditi da capitale”.

Anche all’ex ministro delle Finanze, Vincenzo Visco, non convincono i suggerimenti di Scalfari. E’ vero, quindi, che da Fassina a Visco, passando per Pier Luigi Bersani, i vertici del Pd hanno abbandonato l’idea di una qualsivoglia patrimoniale, visto che qualche mese fa in un rapporto del Nens, il centro studi di Bersani, Visco e Fassina, si suggeriva proprio una patrimoniale e una imposta sulle grandi fortune come quella francese. “Più che pensare a tassare per crescere, penso sia opportuno prima essere consapevoli dei fattori per cui l’Italia cresce poco e della pericolosità di una politica economica immobile come quella voluta da Giulio Tremonti che asseconda e mette d’accordo capitalisti e liberisti che odiano le regole”, dice Visco al Foglio.

Anche da un’altra mente economica del Pd arrivano rilievi ai consigli: “La proposta di Scalfari non mi convince – spiega al Foglio il senatore del Pd, Enrico Morando – secondo me una corretta politica economica, in vista di decisioni dirompenti del Consiglio europeo a fine mese, deve seguire tre direttrici. Innanzitutto regole rigorose sul fronte della spesa, compresa una spending review come quella che sta avendo successo in Germania e in Inghilterra. Poi si deve pensare a forme di dismissioni del patrimonio pubblico, che sulla base delle stime più recenti ha un valore di 550 miliardi di euro, per ridurre lo stock di debito statale. E solo in terza battuta, dopo aver intrapreso le altre due strade, si può pensare a un prelievo per tre anni dell’1,5 per cento sul valore del patrimonio privato detenuto dal 10 per cento degli italiani che posseggono il 50 per cento di tutto il patrimonio privato complessivo”.

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