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martedì 15 febbraio 2011

In Iran i bassiji attaccano la piazza per fermare la protesta antiregime



Le motociclette nere

Lacrimogeni, spari, arresti e un morto a Teheran. Gli Stati Uniti appoggiano “le aspirazioni dell’opposizione”

Le motociclette nere dei bassiji sono tornate nelle strade di Teheran, ieri, per disperdere la manifestazione organizzata dall’opposizione al regime degli ayatollah. Lacrimogeni, spari, un morto secondo l’opposizione, decine di arresti hanno scandito il pomeriggio della capitale iraniana, mentre le strade si riempivano di giovani e meno giovani, i “reduci” dell’Onda verde che provò a forzare il Palazzo di Teheran nell’estate del 2009. Secondo un reporter della Bbc, in poche ore s’è creato “un caos totale”, mentre ai leader del movimento d’opposizione è stato impedito di scendere in piazza. Il governo aveva respinto la richiesta, già settimana scorsa, di manifestare: Mehdi Karroubi era stato messo agli arresti domiciliari giovedì scorso; la stessa sorte è toccata ieri a Mir Hossein Moussavi: l’accesso alla sua abitazione sarebbe stato bloccato, così come il collegamento telefonico (secondo altre fonti avrebbe tentato di uscire con i manifestanti, assieme alla celebre moglie Zahra Rahnavard). La polizia avrebbe arrestato anche il console spagnolo a Teheran, Perez Cambra. Il segretario di stato americano, Hillary Clinton, ha espresso già ieri sostegno alle “aspirazioni” della piazza iraniana, chiedendo al governo di non ricorrere alla violenza contro i manifestanti.

Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, e la Guida suprema, Ali Khamenei, si sono schierati a favore dei “rivoluzionari” di Tunisi e del Cairo che hanno tolto di mezzo i loro leader “corrotti e schiavi dell’occidente”. Dietro all’improvvisa e inusuale simpatia per le piazze c’è naturalmente un disegno strategico: la destabilizzazione degli alleati di Israele e degli Stati Uniti crea un vuoto di potere nella regione di cui la Repubblica islamica d’Iran potrebbe facilmente approfittare, per non parlare del grande sogno sciita che prenderebbe forma ai danni delle odiatissime leadership sunnite. “Il governo iraniano ha dichiarato illegale per gli iraniani ciò che considera legittimo per gli egiziani”, ha sottolineato Tom Donilon, consigliere per la Sicurezza nazionale dell’Amministrazione Obama. All’Onda verde – che nell’ultimo anno e mezzo non ha avuto tregua da parte del regime: le uccisioni, le sparizioni e le persecuzioni non sono certo finite una volta che la piazza è stata sconfitta dalle manovre del Palazzo – non è sfuggita l’opportunità: torniamo in strada anche noi a sostegno delle rivolte che tanto piacciono ai nostri governanti, e vediamo quel che succede. La reazione delle forze di sicurezza del regime era scontata: la grande differenza tra la piazza iraniana e quella degli altri paesi sta proprio lì. In Tunisia e in Egitto, l’esercito si è rifiutato di sparare sulla folla e anzi ha fatto da mediatore tra i governi e le proteste. In Iran, le Guardie della Rivoluzione e i bassiji hanno già mostrato di non avere alcuna remora nel reprimere nel sangue ogni dissenso: l’ultima volta che l’Onda verde ha ufficialmente manifestato, nel dicembre del 2009, è finita con una decina di morti, e già nell’estate dello stesso anno, in cui sembrava che le fratture del Palazzo avrebbero sancito la vittoria della piazza, ci fu almeno un centinaio di morti, per non parlare di quelli che finirono nella prigione di Evin.

Alcuni analisti sperano che il contagio arrivi in Iran, ma prevale la preoccupazione. La retorica del regime non si è mai fermata né contro l’opposizione, né contro l’occidente. Così come non si è fermata la corsa all’atomica. Ieri il capo dell’Aiea, Yukiya Amano, ha detto al Washington Post che l’Iran produce uranio arricchito “in modo sistematico”. E da domani è prevista una visita in Italia di una delegazione iraniana.

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