Quando Meg Whitman è stata nominata amministratore delegato di Hewlett Packard gli analisti non si sono scossi più del necessario. Da gennaio sedeva nel board del produttore di computer e poi era pur sempre la manager che in dieci anni ha portato eBay da 30 a 15 mila dipendenti, moltiplicando il fatturato di una ventina di volte. Sempre lei ha contribuito alla fortuna di colossi tipo Walt Disney, DreamWorks, Procter & Gamble e Hasbro. Chiusa la parentesi politica con cui sperava di succedere ad Arnold Schwarzenegger al governo della California, Whitman è tornata nel business portando quel tratto femminile che in questi tempi d’incertezza può rivelarsi carta vincente. Hp esce da una stagione di vacche piuttosto magre, nell’ultimo anno, sotto la direzione di Leo Apotheker, il valore del titolo è sceso del 43 per cento, ma è bastato far girare il nome di Whitman sulla stampa finanziaria perché le azioni facessero un balzo in avanti del 3%.
L’ex candidata repubblicana è solo una delle rappresentanti di una generazione di donne che da Wall Street alla West Coast stanno gentilmente mettendo a soqquadro i canoni classici della dirigenza maschile. Senza quote rosa. Guadagnano decine di milioni di dollari l’anno, sono ospiti fisse delle classifiche di Forbes, dei forum di economia internazionale e si trovano a loro agio nelle liste di fine anno di Time.
Indra Nooyi è amministratore delegato Pepsi dal 2007, quando il board si è reso conto che nel ruolo di Cfo aveva fatto lievitare il fatturato del 72% in sei anni. Nata 55 anni fa in India, Nooyi ha iniziato la sua carriera nella sede indiana di Johnson & Johnson, dove in poco tempo ha potuto mostrare le sue capacità manageriali. Il grande passaggio arriva nel 1994: Pepsi la chiama per riorganizzare la strategia globale dell’azienda. Con una sontuosa ristrutturazione riesce a scaricare la zavorra che impedisce di volare e allo stesso tempo pianifica nuovi investimenti per la crescita. L’affare fondamentale è il merge con Quaker Oats Company, che porta Gatorade nella seconda compagnia di bevande analcoliche del mondo. E l’azienda torna a crescere su ritmi simili a quelli di Coca-Cola.
Per cinque anni Nooyi ha guidato senza sforzo la classifica Fortune delle 50 donne più potenti d’America, ma all’inizio di ottobre è stata scalzata da Irene Rosenfeld, che dal 2004 al 2006 ha guidato Frito-Lay, controllata di Pepsi che ha costruito la sua fortuna sul lancio di prodotti orientati alla salute. Per questo Kraft Foods ha nominato la 58enne di Brooklyn – con ascendenze romene e tedesche – amministratore delegato, forse nemmeno osando sperare che l’azienda avrebbe visto una crescita di quelle proporzioni: nel 2010 il fatturato di Kraft è salito del 43% e Rosenfeld ha in cantiere ormai da anni un frazionamento dell’azienda che dovrebbe migliorare le performance. Con un modello statistico ha valutato una via per accrescere il fatturato di un’azienda che ha 127 mila dipendenti in 170 Paesi. «Sono qui per aiutare l’azienda a raggiungere i suoi obiettivi e non sono i dipendenti che lavorano per fare ciò che io dico loro».
L’amministratore delegato di Archer Daniel Midland, Patricia Woertz, si definisce una outsider: «Sono fuori dalla compagnia, fuori dall’industria, fuori dalla famiglia, fuori dalle aspettative di una figura maschile». E in effetti non aveva nulla a che vedere con il colosso dell’Illinois che lavora prodotti agricoli da un centinaio d’anni, l’azienda che negli anni Novanta è passata dalle colonne finanziarie a quelle scandalistiche per lo scandalo del controllo dei prezzi della Lisina, episodio che ha ispirato il film The Informant! di Steven Soderbergh. Alla Adm è arrivata da Chevron, azienda non completamente estranea al suo attuale ruolo: Woertz sta puntando sui biocarburanti per diversificare la produzione e aprire nuovi mercati. A fine anno la 57enne porta a casa una cifra vicina ai 12 milioni di dollari.
Anche a Facebook, per definizione patria di nerd e geek, dunque ambito di competenza tipicamente maschile, la presenza femminile non manca. La dipartita di Randi Zuckerberg, sorella di Mark, ha destabilizzato gli investitori soltanto fino a quando non è stato chiaro che la giovane si stava muovendo per accrescere ulteriormente il prestigio della casa madre. A Palo Alto è rimasto però il chief operative officer Sheryl Sandberg, donna fra le più potenti d’America che ha costruito una carriera fra politica e tecnologia. Zuckerberg l’ha incontrata nel 2007 a una festa di compleanno, quando Sheryl era vicepresidente di Google. Per Mark era stato un colpo di fulmine. Qualche mese più tardi il ceo di Facebook annunciava al mondo che Sandberg sarebbe stata il suo braccio destro. La vita della Sheryl è completamente cambiata nei primi anni Novanta, quando durante gli studi ad Harvard ha incontrato il professor Larry Summers, che presto è diventato il suo faro nella giungla accademica e il suo relatore della tesi alla Business School. L’ha introdotta lui alla World Bank e quando Bill Clinton nel 1996 lo ha nominato segretario del Tesoro lui le ha offerto il posto di capo di gabinetto. Nel gioco dei destini incrociati i due si sono ritrovati in California, lei manager del social network, lui consulente economico di Marc Anderseen, creatore di Netscape e angel investor della Silicon Valley.
Ellen Kullman dimostra che non sono solo le aziende di nascita recente ad affidarsi alle donne. DuPont è un’istituzione del panorama americano. Nel 2008 Kullman è stata nominata presidente e amministratore delegato dell’azienda che tuttora risiede nella sua città natale, la placida Wilmington. Lei, ingegnere meccanico prestato al management con un passato di rilievo a General Motors, ama lo stile dimesso: «Non sono sicura che il fatto di essere donna aggiunga o tolga qualcosa. Credo che il mio stile manageriale sia particolare, direi unico, ma io cerco solo di continuare a guidare la strategia dell’azienda». E gli impegni di questo prestigioso mastodonte americano non le hanno impedito di dedicarsi a Maggie, Stephen e David, i figli che ha avuto assieme al marito Michael, che incidentalmente è vicepresidente di DuPont. Ovvero un sottoposto di Ellen.
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