La Missione è quella di creare un'associazione tra la Comunicazione e la Cultura. Spesso questi due ambiti non si incontrano (il comunicatore non fa vera cultura e l'accademico non sa comunicare in modo efficace). Noi vorremmo far incrociare i due binari per portarli a formarne uno unico.

Vorremmo stimolare l'aspetto critico del fruitore, per comunicare cultura e per acculturare la comunicazione.

Questo Blog vuol essere un punto di riferimento per articoli d'informazione giornalistica-scientifico-culturale-economica.

Qui potrete trovare ogni tipo d'informazione e saremo lieti di stimolare un sano e doveroso dibattito per ogni singolo articolo, con il fine d'incrociare nel massimo rispetto di pareri ed opinioni diversi tra loro, per giungere così ad una proposta d'incontro tra i molteplici aspetti di una società multiculturale

lunedì 28 novembre 2011

Catania, due fratelli muoiono d'infarto l'uno dopo l'altro

da:Pupia


L’incredibile storia di dolore, ma anche di infinito amore, è avvenuta domenica a Nicolisi, sui Monti Rossi, in provincia di Catania. Le vittime sono Guido Garofalo, 45 anni, e Mario Garofalo, 54, due fratelli legati nella vita e sul lavoro. Avevano ereditato dal padre un’azienda che produce ossigeno.

Guido, insieme alla sua famiglia, si era recato domenica mattina nella pineta dei Monti Rossi per trascorrere una piacevole giornata in famiglia. In tarda mattinata la tragedia: mentre era a tavola, ha accusato un malore e improvvisamente si è accasciato a terra, senza più dare segni di vita. 

Sul posto, informato di quanto accaduto, poco dopo è arrivato il fratello maggiore, Mario. Alla vista del fratello morto, l’uomo ha iniziato ad urlare e piangere. Poco dopo ha accusato un forte dolore al petto ed è deceduto, stroncato dal dolore. I due fratelli lasciano le due mogli e cinque figli.

I Btp volano al 7,3%. Moody's: tutti Paesi Ue a rischio

da: TM News

Washington - Volano i rendimenti dei titoli pubblici italiani: quelli dei Btp con scadenza decennale sono volati al 7,3%. Un record alimentato anche dall'ennesimo allarme dell'agenzia Moody's secondo cui nessuno è al riparo dalla crisi, anzi, a rischio crac sono tutti Paesi dell'area euro. L'avvertimento è arrivato in un "commento speciale" sui Paesi Ue. Nel frattempo da Washington è arrivata la smentita che dal Fmi su un piano "segreto" per un prestito all'Italia. Ieri era circolata infatti la voce che il Fondo avesse pronto un assegno da 600 miliardi per mettere al sicuro il governo di Roma per circa 18 mesi.

Secondo Moody's comunque l'Eurozona manterrà la sua unità senza altre inadempienze oltre a quella della Grecia, ma sottolinea che malgrado questo "scenario positivo" ci potrebbero essere conseguenze molto negative per le valutazioni degli Stati europei. "Mentre lo scenario centrale rimane quello che l'area euro verrà preservata senza ulteriori insolvenze diffuse - si legge nel rapporto dell'agenzia di rating statunitense - anche tale scenario 'positivo' porta con sè implicazioni molto negative di rating nel periodo transitorio".

E d'altronde, rileva l'agenzia, la spinta politica per varare un piano efficace per salvare l'euro potrebbe emergere solo a seguito di una serie di shock che potrebbe portare più paesi a perdere l'accesso al mercato e a chiedere un programma di sostegno. "E ciò - si legge ancora - molto probabilmente porterebbe al declassamento dei rating di tali Paesi nella categoria speculativa in vista dei test di solvibilità che sarebbero probabilmente richiesti e della divisione degli oneri che potrebbe essere imposto se (com'è probabile) il sostegno fosse necessario per un periodo prolungato".

Ho fatto un regalo a Cicciolina per i 60 anni e non so come dirlo a mia moglie

da: Frews

Anche perchè il regalo è del tutto involontario! Mi aiutate voi a spiegarglielo?
 
Ilona Staller, in arte Cicciolina ha compiuto 60 anni Sabato scorso e li ha festeggiati a Riccione in un locale vietato ai minori. Nulla di eccezionale, penserete voi, sia nel raggiungere questa età che non è certo una novità nel nostro paese sia nel modo con cui ha festeggiato la nostra protagonista, non potevamo certo aspettarci un ritiro spirituale.
 
Ma la notizia è u'altra perchè il locale ha offerto la torta al resto ci ha pensato, o meglio ci penserà dal prossimo 26 dicembre, la Repubblica Italiana, quindi io e te, tutti noi contribuenti: vitalizio di 2.000 euro netti al mese che l’ex attrice pornografica percepirà in qualità di ex parlamentare!
 
Cicciolina infatti venne eletta nel 1987 alla Camera dei Deputati e per 5 anni, fino al 1992, frequentò i banchi dell’aula di Palazzo Montecitorio. Presentata tra le liste dei Radicali, ricevette ben 20.000 preferenze, risultando all’interno del partito seconda solo a Pannella.
 
Un sola legislatura, la decima, sufficiente comunque a garantirgli il vitalizio così come previsto dalla legge: Cicciolina non ruba niente, sfrutta (lei come tanti altri) una legge iniqua, iniqua nei nostri confronti.
 
Fondato il Partito dell’Amore (tra le cui file successivamente militerà anche Moana Pozzi) Ilona Staller si presentò alle successive elezioni, non ottenendo però questa volta un grande successo.
 
Cicciolina non ci sta ad essere addita come una profittatrice e si difende dalla accuse, sostenendo di aver svolto una campagna elettorale faticosa e di aver svolto in maniera onesta il proprio incarico di parlamentare. 

"Perché debbo io rinunciare a un vitalizio che percepiscono tanti suoi colleghi che come lei solo per pochi anni hanno frequentato le aule parlamentari?"
 
Difatti su questo sono d'accordo: via a te, Cicciolina, e via a tutti quegli altri.
Il problema però rimane: come dico a mia moglie che con le mie tasse contribuisco a fare un regalo anche a te? Oltre ad arrabbiarsi spero non si ingelosisca!

lunedì 21 novembre 2011

Mafia: dopo 30 anni riaperto il caso Bosio, il chirurgo che si opponeva ai ricoveri dei boss

da: Corriere della Sera

Il primario di chirurgia si opponeva ai ricoveri dei boss era stato minacciato e poi ucciso

In tribunale la moglie e le figlie:«Ciancimino disse:"Ha capito che suo padre se l'è cercata"». La vedova ritrattò per paura


PALERMO - Un delitto dimenticato per trent’anni approda in corte di assise e Palermo torna agli anni bui con la testimonianza della moglie e delle due figlie del professore Sebastiano Bosio, il primario di chirurgia vascolare che si opponeva ai ricoveri facili dei boss, deciso a non trasformare il reparto da lui diretto al Civico nella dependance dell’Ucciardone. Telefonate infuocate con il direttore sanitario dell’ospedale Beppe Lima, il fratello dell’allora potentissimo colonnello andreottiano, minacce ricevute dai boss e dirette intimidazioni fatte dall’ex sindaco mafioso Vito Ciancimino sono i nitidi ricordi esposti al processo dove si cerca di rendere giustizia al professionista ucciso nel novembre 1981 sotto casa, all’angolo fra via Cuccia e viale Piemonte.
 
PROEITTILI DIMENTICATI - Un delitto sul quale è piombato un silenzio imbarazzante anche per l’apparato investigativo e giudiziario infine scosso proprio dalle figlie di Bosio, Liliana e Silvia, 23 e 18 anni al momento della tragedia, determinante insieme con la madre Rosalba Patanè a invocare una riapertura delle indagini. Sfociate, grazie a magistrati come il procuratore aggiunto Ignazio De Francisci e alla pm Lia Sava, nell’esame di un reperto abbandonato in un armadio, il proiettili usati quella sera dall’assassino. È bastata una tardiva perizia balistica per incastrare e trasformare in imputato Nino Madonia, all’epoca giovane killer della “famiglia” del quartiere San Lorenzo. Si tratta infatti di proiettili esplosi dalla stessa arma con cui Madonia avrebbe ucciso quell’anno altre due persone. Si arriva così al gruppo di fuoco impegnato nel 1981 con i Corleonesi nella guerra di mafia. Gli stessi che spesso riuscivano a far trasferire i loro padrini dall’Ucciardone in comodi reparti ospedalieri. Ovviamente con complicità eccellenti di medici pronti a piegarsi. Come non accadde con Bosio del quale la vedova ricorda una burrascosa telefonata e un netto «no, non lo ricovero» gridato al direttore sanitario: «A Lima urlò che non lo avrebbe fatto nemmeno se fosse sceso in terra il Padreterno. Di chi parlavano non so. Ma all’epoca veniva spesso ricoverato anche Vittorio Mangano».
 
IL FLIRT CON CIANCIMIMINO - Ecco il ricordo di un evento che risale «a due, tre giorni prima il delitto» e che probabilmente si riferisce al ricovero negato di un mafioso vicino a Mangano, il boss Pietro Fascella, allora ferito in un clamoroso scontro a fuoco con la polizia, il blitz di Villagrazia. Un no secco svanito nel nulla dopo il delitto visto che Fascella, appena due giorni dopo, sarebbe stato ricoverato in reparto, rimanendovi per sei mesi. Dettagli inquietanti dei quali si occupa la Corte di assise presieduta da Alfredo Montalto, giudice a latere donna, come quattro dei sei giudici popolari. E sul banco dei testimoni le tre donne interrogate dalla Sava che, pur con garbo, è costretta a far emergere pezzi di vita privata. Come succede per Silvia Bosio, oggi funzionario all’ufficio legale della Regione siciliana, due anni prima del delitto in buoni rapporti con uno dei figli di Vito Ciancimino, Sergio, oggi notaio a Milano.
 
DON VITO IMPLACABILE - Di «un piccolo flirt» ha parlato la madre di Silvia Bosio. E lei stessa ha confermato raccontando di avere incrociato “don” Vito una volta in compagnia di Sergio e, un anno dopo il delitto, una sera al “Brazil”, una discoteca gestita da un altro dei figli dell’ex sindaco: «C’era lui, il "padrino", mi vide, mi fece sedere e con uno sguardo di disprezzo, l’espressione brutta, mi fulminò: "Ha capito che suo padre se l’è cercata? Ha fatto uno sgarbo a un amico di un amico che ha per amico un mio amico. E ha sbagliato...". Io non capivo quella strana filastrocca, stordita, ammutolita. E lui continuava a infierire: "Io sono corleonese di Corleone se lo ricordi...". Ma io non sapevo nemmeno dove fosse Corleone, allora. Quelle parole mi fecero paura. Erano un modo per dire a me, a mia sorella, a mia madre di tacere».
 
BASTA COL SILENZIO - Altra minaccia evocata davanti ai giudici quella di un killer poi ucciso dai suoi nemici, Mario Prestifilippo, riconosciuto come possibile componente del commando dalla signora Rosalba: «Ne parlai con il dottore Falcone. Partirono le indagini. Ma quello seppe. Un giorno si presentò davanti a mia figlia Liliana, spocchioso: "Mi conosci? Sono Mario...". E un’ora dopo piombò a casa mia, per farsi vedere, per fare capire che eravamo controllate. Io dovevo difendere le mie figlie. Eravamo sole a Palermo. Tornai dal giudice Falcone. Dissi che non ero più sicura. Fu una ritrattazione. "Capisco", commentò Falcone. Ma adesso basta, loro sono adulte, io ho bisogno di verità, è arrivato il momento di parlare». E le sue figlie, confortandola: «Basta col silenzio. Lo diciamo all’intera città, ai colleghi di papà, a noi stesse. Uno tace quando ha qualcosa da nascondere». Un appello esplicito. Raccolto dalla Corte che per il 20 dicembre ha convocato anche alcuni colleghi di Bosio. Un modo per riaccendere i riflettori sul Civico che, stando alla moglie, lo stesso Bosio definiva «un concentrato di malaffare», meta ambita per le “villeggiature” dei padrini.

martedì 15 novembre 2011

"180" Movie - Da pro-choice a pro-life in qualche manciata di secondi

da: Notizie Prolife - Comunicazione & Cultura

Questo meraviglioso mini 'film' di 33 minuti fa riflettere, emoziona, e insegna che le nuove generazioni sono spesso solo 'senza verità'.

Per attivare i sottotitoli è sufficiente premere il tasto CC come da figura e scegliere 'italiano'.

Buona visione.

lunedì 7 novembre 2011

Donne manager. Il colore rosa del business

da: Panorama


Quando Meg Whitman è stata nominata amministratore delegato di Hewlett Packard gli analisti non si sono scossi più del necessario. Da gennaio sedeva nel board del produttore di computer e poi era pur sempre la manager che in dieci anni ha portato eBay da 30 a 15 mila dipendenti, moltiplicando il fatturato di una ventina di volte. Sempre lei ha contribuito alla fortuna di colossi tipo Walt Disney, DreamWorks, Procter & Gamble e Hasbro. Chiusa la parentesi politica con cui sperava di succedere ad Arnold Schwarzenegger al governo della California, Whitman è tornata nel business portando quel tratto femminile che in questi tempi d’incertezza può rivelarsi carta vincente. Hp esce da una stagione di vacche piuttosto magre, nell’ultimo anno, sotto la direzione di Leo Apotheker, il valore del titolo è sceso del 43 per cento, ma è bastato far girare il nome di Whitman sulla stampa finanziaria perché le azioni facessero un balzo in avanti del 3%.

L’ex candidata repubblicana è solo una delle rappresentanti di una generazione di donne che da Wall Street alla West Coast stanno gentilmente mettendo a soqquadro i canoni classici della dirigenza maschile. Senza quote rosa. Guadagnano decine di milioni di dollari l’anno, sono ospiti fisse delle classifiche di Forbes, dei forum di economia internazionale e si trovano a loro agio nelle liste di fine anno di Time.

Indra Nooyi è amministratore delegato Pepsi dal 2007, quando il board si è reso conto che nel ruolo di Cfo aveva fatto lievitare il fatturato del 72% in sei anni. Nata 55 anni fa in India, Nooyi ha iniziato la sua carriera nella sede indiana di Johnson & Johnson, dove in poco tempo ha potuto mostrare le sue capacità manageriali. Il grande passaggio arriva nel 1994: Pepsi la chiama per riorganizzare la strategia globale dell’azienda. Con una sontuosa ristrutturazione riesce a scaricare la zavorra che impedisce di volare e allo stesso tempo pianifica nuovi investimenti per la crescita. L’affare fondamentale è il merge con Quaker Oats Company, che porta Gatorade nella seconda compagnia di bevande analcoliche del mondo. E l’azienda torna a crescere su ritmi simili a quelli di Coca-Cola.

Per cinque anni Nooyi ha guidato senza sforzo la classifica Fortune delle 50 donne più potenti d’America, ma all’inizio di ottobre è stata scalzata da Irene Rosenfeld, che dal 2004 al 2006 ha guidato Frito-Lay, controllata di Pepsi che ha costruito la sua fortuna sul lancio di prodotti orientati alla salute. Per questo Kraft Foods ha nominato la 58enne di Brooklyn – con ascendenze romene e tedesche – amministratore delegato, forse nemmeno osando sperare che l’azienda avrebbe visto una crescita di quelle proporzioni: nel 2010 il fatturato di Kraft è salito del 43% e Rosenfeld ha in cantiere ormai da anni un frazionamento dell’azienda che dovrebbe migliorare le performance. Con un modello statistico ha valutato una via per accrescere il fatturato di un’azienda che ha 127 mila dipendenti in 170 Paesi. «Sono qui per aiutare l’azienda a raggiungere i suoi obiettivi e non sono i dipendenti che lavorano per fare ciò che io dico loro».

L’amministratore delegato di Archer Daniel Midland, Patricia Woertz, si definisce una outsider: «Sono fuori dalla compagnia, fuori dall’industria, fuori dalla famiglia, fuori dalle aspettative di una figura maschile». E in effetti non aveva nulla a che vedere con il colosso dell’Illinois che lavora prodotti agricoli da un centinaio d’anni, l’azienda che negli anni Novanta è passata dalle colonne finanziarie a quelle scandalistiche per lo scandalo del controllo dei prezzi della Lisina, episodio che ha ispirato il film The Informant! di Steven Soderbergh. Alla Adm è arrivata da Chevron, azienda non completamente estranea al suo attuale ruolo: Woertz sta puntando sui biocarburanti per diversificare la produzione e aprire nuovi mercati. A fine anno la 57enne porta a casa una cifra vicina ai 12 milioni di dollari.

Anche a Facebook, per definizione patria di nerd e geek, dunque ambito di competenza tipicamente maschile, la presenza femminile non manca. La dipartita di Randi Zuckerberg, sorella di Mark, ha destabilizzato gli investitori soltanto fino a quando non è stato chiaro che la giovane si stava muovendo per accrescere ulteriormente il prestigio della casa madre. A Palo Alto è rimasto però il chief operative officer Sheryl Sandberg, donna fra le più potenti d’America che ha costruito una carriera fra politica e tecnologia. Zuckerberg l’ha incontrata nel 2007 a una festa di compleanno, quando Sheryl era vicepresidente di Google. Per Mark era stato un colpo di fulmine. Qualche mese più tardi il ceo di Facebook annunciava al mondo che Sandberg sarebbe stata il suo braccio destro. La vita della Sheryl è completamente cambiata nei primi anni Novanta, quando durante gli studi ad Harvard ha incontrato il professor Larry Summers, che presto è diventato il suo faro nella giungla accademica e il suo relatore della tesi alla Business School. L’ha introdotta lui alla World Bank e quando Bill Clinton nel 1996 lo ha nominato segretario del Tesoro lui le ha offerto il posto di capo di gabinetto. Nel gioco dei destini incrociati i due si sono ritrovati in California, lei manager del social network, lui consulente economico di Marc Anderseen, creatore di Netscape e angel investor della Silicon Valley.

Ellen Kullman dimostra che non sono solo le aziende di nascita recente ad affidarsi alle donne. DuPont è un’istituzione del panorama americano. Nel 2008 Kullman è stata nominata presidente e amministratore delegato dell’azienda che tuttora risiede nella sua città natale, la placida Wilmington. Lei, ingegnere meccanico prestato al management con un passato di rilievo a General Motors, ama lo stile dimesso: «Non sono sicura che il fatto di essere donna aggiunga o tolga qualcosa. Credo che il mio stile manageriale sia particolare, direi unico, ma io cerco solo di continuare a guidare la strategia dell’azienda». E gli impegni di questo prestigioso mastodonte americano non le hanno impedito di dedicarsi a Maggie, Stephen e David, i figli che ha avuto assieme al marito Michael, che incidentalmente è vicepresidente di DuPont. Ovvero un sottoposto di Ellen.

Un asteroide "sfiorerà" la terra

da: La Stampa
 Il corpo celeste passerà ad "appena" 300mila km dal nostro pianeta


Quest’anno il cielo d’autunno offre un incredibile spettacolo: l’incontro ravvicinato tra un asteroide ed il nostro pianeta. Il rendez vous, secondo quanto previsto dagli astronomi, comincia domani e andrà avanti per alcuni giorni.

Ad incontrare la Terra è l’asteroide 2005 Yu55 che transiterà a poco più di 300 mila chilometri da noi, meno della distanza della Luna, un secondo luce.

Il nostro Pianeta, naturalmente, non correrà alcun pericolo, assicurano gli esperti, si tratterà piuttosto di un avvicinamento spettacolare, con il piccolo astro che sfreccerà rapido tra le stelle, diventando visibile anche attraverso telescopi di medio diametro.

A riferirlo è il Planetario di Roma , che organizzerà una speciale serata interamente dedicata all’osservazione del fenomeno. Venerdì sera al Planetario verrà stabilito un collegamento esclusivo, in remoto con i telescopi altamente tecnologici del Virtual Telescope di Gianluca Masi, per riprendere il passaggio in tempo reale, proiettando le immagini sulla cupola del Planetario.

«È,un appuntamento imperdibile con le meraviglie del cosmo - sottolineano dal Planetario - che vogliamo rendere accessibile a tutto il pubblico di appassionati e semplici curiosi del cielo. Lo spettacolo sarà anche l’occasione per fare il punto sul reale rischio d’impatto tra gli asteroidi e il nostro pianeta, argomento spesso usato in film e libri per alimentare insensate visioni catastrofiste, ma tuttavia sempre di attualità scientifica».

Sciopero dei benzinai. Escluse le zone alluvionate

da: La Nazione

Il Casper: "Attenti alle speculazioni"



Stop dei benzinai dalle 19,30 di martedì 8 novembre fino alle 7,00 di venerdì 11 novembre, sulla rete autostradale dalle  22,00 di martedì 8 alle 6,00 di venerdì 11 novembre

Da martedì 8 sera fino a venerdì 11 mattina 'pieno' a rischio per gli automobilisti italiani a causa della serrata dei gestori degli impianti di carburante indetta da Faib, Fegica e Figisc. Lo stop fa parte di un pacchetto di 15 giorni da tenersi entro i prossimi tre mesi. I sindacati chiedono che venga reso strutturale il bonus fiscale, in scadenza a fine anno. Il bonus, spiegano le tre sigle, "è irrinunciabile e senza si costringerebbe alla chiusura migliaia di piccole gestioni, mettendo sul lastrico le imprese, le loro famiglie ed i loro dipendenti". Per quanto riguarda le aree interessate dalle alluvioni dei giorni scorsi, le federazioni locali hanno deciso di sospendere l'agitazione per non acuire i disagi alle popolazioni colpite.

Venerdì 4, dopo l'incontro con il sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia, la protesta era stata confermata anche se lo stesso Saglia aveva annunciato per l'invio ai sindacati "di un documento con una dichiarazione di impegni da parte del ministero che soddisferebbe le loro richieste relative in particolare al bonus fiscale". Le speranze per un ripensamento da parte dei gestori sono quindi affidate a un incontro convocato al ministero dello Sviluppo economico per l' 8 novembre.

Il programma della serrata proclamata sulla rete ordinaria prevede lo stop dalle ore 19,30 di martedì 8 novembre fino alle ore 7,00 di venerdì 11 novembre e sulla rete autostradale dalle ore 22,00 di martedì 8 alle ore 6,00 di venerdì 11 novembre e lo stato di agitazione della categoria.

 Alla vigilia dello sciopero indetto dai distributori di carburanti, Casper, Comitato contro le speculazioni e per il risparmio composto da Adoc, Codacons, Movimento Difesa del Cittadino e Unione Nazionale Consumatori denuncia "l`elevato rischio di speculazioni alla pompa a danno di chi oggi si appresta a fare rifornimento".

"Già in passato - spiega Casper in una nota - nelle ore antecedenti la serrata dei benzinai, si sono registrati aumenti ingiustificati dei listini alla pompa, da parte dei soliti 'furbetti della benzina' che non esitano a speculare sugli automobilisti in fila per il pieno. Comportamenti ignobili e truffaldini, tesi ad approfittare dello stato di necessità dei cittadini costretti a rifornire ingenti quantità di carburante per non rimanere a secco nei giorni di sciopero".

Per tale motivo, conclude la nota, il Casper "invita la Guardia di Finanza ad effettuare controlli a tappeto su tutto il territorio, denunciando chi applica rincari ingiustificati. Gli automobilisti sono invece invitati a segnalare alle quattro
associazioni aumenti sospetti alla pompa e prezzi eccessivamente alti di benzina e gasolio, così da poter procedere alle relative denunce in Procura".

Atomica iraniana pronta in pochi mesi. Mosca: non attaccate Teheran

da: TM-News

Secondo l'agenzia Onu AIEA, gli scienziati iraniani sono stati aiutati dai russi. E Israele pensa all'attacco militare

Roma, 7 nov.- L'Iran ha acquisito già le conoscenze, la tecnologia e le risorse per costruire la bomba atomica nel giro di qualche mese. Lo affermano esperti occidentali informati del rapporto sul programma nucleare iraniano che l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) pubblicherà domani. Lo scrive il sito web del quotidiano israeliano Haaretz. Secondo gli esperti, gli iraniani sono stati aiutati da scienziati russi, pachistani e nordcoreani. E Mosca ha ammonito gli occidentali: non attaccate Teheran, In particolare gli scienziati russi avrebbero aiutato i colleghi iraniani a costruire detonatori ad alta precisione del tipo di quelli utilizzati per innescare reazioni nucleari a catena, hanno detto gli esperti. L'Aiea rilascerà domani il suo ultimo rapporto sul programma nucleare iraniano, che conterrebbe prove inoppugnabili circa il fatto che Teheran ha continuato anche dopo il 2004 a svolgere attività finalizzate alla costruzione della bomba atomica. Il rapporto dell'agenzia Onu con sede a Vienna smentirebbe dunque quello diffuso nel 2007 dai servizi di intelligence Usa, secondo Teheran aveva interrotto il programma di sviluppo delle armi nucleari nel 2003.

Dalla scorsa settimana il governo israeliano non esclude un intervento militare contro le installazioni nucleari di Teheran. Un intervento militare che, secondo il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, sarebbe un "errore gravissimo". "La nostra posizione su questo punto è ben nota: si tratterebbe di un gravissimo errore, dalle conseguenze imprevedibili", ha dichiarato Lavrov nel corso di un intervento ritrasmesso dalla televisione Russia 24.

Braccio di ferro Pdl-Dc

da: Il Giornale - Editoriale

Gli opportunisti ex-Dc, salvati dalla ciambella del berlusconismo, saliti a bordo quando aveva il vento in poppa, ora sono i primi a scendere sdegnati in vista delle secche
Sono passati quasi trent’anni da quando Luigi Pintor, fondatore del quotidiano il Manifesto , scrisse un celebre articolo intitolato: «Non moriremo democristiani ». Ne era sicuro, ma la storia ha avverato solo in parte quella sinistra (di provenienza) profezia. 

Finita ingloriosamente la gloriosa stagione di comando, i democristiani superstiti alla scomparsa della Dc sono stati salvati dalle ciambelle di salvataggio lanciate da Berlusconi. 

Alcuni lo hanno fatto convintamente, altri, la vecchia guardia, si sono comportati da camaleonti in un ambiente a loro in realtà estraneo: il berlusconismo. In molti casi la definizione più giusta è: opportunisti. Sono stati i primi a salire sulla barca di Silvio quando aveva il vento in poppa, sono i primi a scendere sdegnati in vista delle secche. Sono fatti così. Da Cirino Pomicino (esperto di tangenti) a Beppe Pisanu (esperto a coprire banche in fallimento, come l’Ambrosiano) a Vincenzo Scotti (esperto di pasticci coi fondi neri dei servizi segreti), ogni giorno porta un nuovo voltagabbana targato Dc. Chi va diritto con Fini (Pisanu), chi vuole allearsi alla sinistra (Casini), chi basta che non ci sia Berlusconi ( Formigoni), chi basta che salti fuori qualche cosa (Scajola).
Pisanu, Scotti e Cirino hanno 220 anni in tre, da una vita tramano dietro le quinte della politica e ancora non hanno smesso. Ma oggi servono, sono merce preziosa per chi vuole fare cadere il governo. Fini e Casini, quelli del rinnovamento politico ed etico, li accolgono a braccia aperte. Non hanno più voti elettorali ma hanno il loro voto in Parlamento. Saranno usati e poi, comunque vada, rigettati dietro le quinte. Perché non sono affidabili per nessuno. Si accontentano della foto sui giornali, degli applausi dei nuovi fan (fino a ieri nemici). Sono felici come bambini alle giostre. Sono in grado di fare danni, ma non ci faranno morire democristiani. Perché i democristiani veri erano, e sono, cosa diversa da loro.

Filosofia della Scienza: "Errato escludere a priori l'idea di finalità"

da: UCCR

Su “Avvenire” sono recentemente apparsi alcuni stralci del contributo di Evandro Agazzi, prestigioso filosofo della scienza e già docente all’Università di Genova ad un recente convegno promosso dall’Associazione medici cattolici della diocesi ambrosiana. L’intervento è inserito, assieme a quelli di altri relatori (card. Gianfranco Ravasi, il biologo Giorgio Manzi ecc.), nel volume L’evoluzione biologica. Dialogo tra scienza, filosofia e teologia (San Paolo 2011).

Agazzi  è intervenuto dicendo che «la contrapposizione di scienza e religione è un fenomeno recente (se misurato con il metro della storia). Esso è l’arma di cui si serve oggi di preferenza una posizione ideologica che, questa sì, esiste in certo senso da sempre dentro tutte le culture, ossia la concezione antireligiosa del mondo e della vita. Si tratta in sostanza di una fede atea che cerca di convincere la gente che la scienza contraddice la religione e che questa cerca di contrastare il progresso scientifico». Secondo il filosofo della scienza fu il positivismo ottocentesco -«movimento di scarso spessore filosofico»- a preparare il terreno. Esso «si presentò come paladino della scienza contro le remore oscurantiste delle religioni e delle filosofie “metafisiche”». Ma in realtà -continua Agazzi- il positivismo era “il parassita” della scienza.

Oggi non è molto diverso: «I sostenitori dell’incompatibilità fra scienza e religione si riducono a far leva su due esempi storici, il processo di Galileo e l’evoluzionismo. Nel primo si assistette per davvero ad un intervento censorio dell’autorità ecclesiastica nei confronti di una teoria scientifica. Si trattò comunque di un episodio isolato. Nel caso dell’evoluzionismo non ci fu mai una contrapposizione intrinseca con la religione, poiché sin dagli inizi ci furono fautori e oppositori delle teorie dell’evoluzione tanto religiosi quanto atei. Invece parecchi intellettuali antireligiosi, diedero un’interpretazione in senso ateomaterialista che pretesero di far passare per una conseguenza logica delle conoscenze scientifiche, anche se in realtà non lo è».

Il filosofo affronta poi proprio l’ingarbugliata questione dell’evoluzione: «Proprio il fatto che spesso la teoria darwiniana dell’evoluzione viene presentata come confutazione scientifica della religione, in quanto ha confutato il “creazionismo”, ha prodotto una reazione di segno opposto (non meno scorretta). Infatti alcuni gruppi di credenti, impegnati a  difendere la tesi della creazione divina del mondo, ritennero di doverlo fare attaccando l’evoluzionismo». E negli Stati Uniti è emersa una vera propria guerra tra avvocati. Il problema del “creazionismo scientifico” è quello di «estrapolare in campo scientifico un concetto teologico, facendogli svolgere un ruolo non corrispondente alle sue caratteristiche definitorie e quindi, alla fine, scientificamente improprio (in sostanza perché introduceva cause soprannaturali nel discorso scientifico)». La critica passa poi verso il Disegno Intelligente: «Proprio di fronte alle inadeguatezze emerse nell’esecuzione del loro progetto, i difensori del creazionismo scientifico vollero mitigarne il riferimento esplicitamente religioso e lo vennero sostituendo con la dottrina del “disegno intelligente”. Questa conserva le caratteristiche di una concezione metafisica, e in essa è altresì chiara l’intenzione di giustificare il riferimento a Dio come autore di tale “disegno”, pur senza alcun riferimento esplicito a una concreta religione. Essa è stata altresì formulata utilizzando un corredo non banale di concettualizzazioni, argomentazioni teoriche e riferimenti empirici conformi allo stile della ricerca scientifica che si compie in biologia; tuttavia non ha incontrato sinora il credito della maggior parte della comunità scientifica dei biologi».

Evandro Agazzi però non intende «esprimere un giudizio sulla validità scientifica di questa dottrina». Certo, non ha credenziali scientifiche serie ma questo non intacca «la legittimità di parlare di un disegno intelligente a livello di interpretazione filosofica del mondo naturale e neppure la legittimità di operare un “conferimento di senso” di natura religiosa a questo disegno». Bisognerebbe, secondo il filosofo, capire se il rigetto della dottrina del “disegno intelligente” sia fondato su una critica tecnica o parta da un «rifiuto aprioristico della categoria di finalità che fa catalogare automaticamente come “scientificamente errato” o semplicemente “non scientifico” ogni discorso in cui traspaia la categoria di finalità». Sarebbe più ragionevole, conclude Agazzi, «l’accettazione del concetto di disegno intelligente utilizzato sul terreno filosofico e teologico, senza lasciarlo debordare sul terreno scientifico. Il che, d’altro canto, non esclude che anche in campo scientifico si possa tentare di darne una precisazione accurata e scevra da riferimenti espliciti ad interpretazioni filosofiche o ad immagini antropomorfiche, come è stato fatto nella scienza per tanti concetti, e potrebbero derivarne allargamenti fecondi di prospettive teoriche e linee di ricerca fuori da ogni ibrida mescolanza di scienza, filosofia e fede, le quali possono reciprocamente arricchirsi nella misura in cui siano chiare le loro specifiche differenze non meno che i possibili punti d’incontro».

Mai più morte, fino alla morte

da: L'Ottimista

La straordinaria testimonianza del ginecologo Antonio Oriente.
In principio fu Bernard Nathanson. Parliamo del famoso ginecologo statunitense che al suo attivo collezionò circa 75.000 aborti, fino a quando non si rese conto dell’“umanità” del feto e non fece un vero cammino di conversione che lo portò a scrivere il libro The hand of God (“La mano di Dio”). Da quel momento in poi, il suo lavoro è divenuto totalmente a favore della vita nascente. Ma “la mano di Dio” continua ad operare in ogni continente, e anche in Italia, abbiamo il nostro Nathanson: è il dottor Antonio Oriente (foto). Anche lui, come Nathanson, viveva la sua quotidianità praticando aborti di routine. Abbiamo ascoltato la sua testimonianza nel corso di un convegno dell’AIGOC. Sì, perché lui oggi è il vicepresidente e uno dei fondatori di questa Associazione Italiana Ginecologi e Ostetrici Cattolici… Praticamente una totale inversione di tendenza, rispetto al modo precedente di vivere la sua professione.
 
La sua testimonianza inizia così: “Mi chiamo Antonio Oriente, sono un ginecologo e, fino a qualche anno fa, io, con queste mani, uccidevo i figli degli altri”. Gelo. Silenzio. La frase pronunciata è secca, senza esitazione, lucida. La verità senza falsi pietismi, con la tipica netta crudezza e semplicità di chi ha capito e già pagato il conto. Di chi ha avuto il tempo di chiedere perdono.
 
Due cose colpiscono di questa frase e sono due enormi verità: la parola “uccidevo”, che svela l’inganno del termine interruzione volontaria, e la parola “figli”. Non embrioni, non grumi di cellule, ma figli. Semplicemente. E questa sua pratica quotidiana dell’aborto, il dottor Oriente la riteneva una forma di assistenza alle persone che avevano un “problema”.
 
“Venivano nel mio studio – racconta – e mi dicevano: Dottore, ho avuto una scappatella con una ragazzetta… io non voglio lasciare la mia famiglia, amo mia moglie. Ma ora questa ragazza è incinta. Mi aiuti… Ed io lo aiutavo. Oppure arrivava la ragazzina: Dottore, è stato il mio primo rapporto… non è il ragazzo da sposare, è stato un rapporto occasionale. Mio padre mi ammazza: mi aiuti!”. Ed io la aiutavo. Non pensavo di sbagliare”.
 
Ma la vita continuava a presentare il conto: lui, ginecologo, i bambini li faceva anche nascere. Sua moglie pediatra i bambini degli altri li curava. Ma non riuscivano ad avere figli propri. Una sterilità immotivata ed insidiosa era la risposta alla sua vita quotidiana. “Mia moglie è sempre stata una donna di Dio. È grazie a lei e alla sua preghiera se qualcosa è cambiato. Per lei non avere figli era una sofferenza immensa, enorme. Ogni sera che tornavo la trovavo triste e depressa. Non ne potevo più. Dopo anni di questo calvario, una sera come tante, non avevo proprio il coraggio di tornare a casa. Disperato, piegai il capo sulla mia scrivania e cominciai a piangere come un bambino”.
 
E lì, la mano di Dio si fa presente in una coppia che il dottor Oriente segue da tempo. Vedono le luci accese nello studio, temono un malore e salgono. Trovano il dottore in quello stato che lui definisce “pietoso” e lui per la prima volta apre il suo cuore a due persone che erano solo dei pazienti, praticamente quasi degli sconosciuti. Gli dicono: “Dottore, noi non abbiamo una soluzione al suo problema. Abbiamo però da presentarle una persona che può dargli un senso: Gesù Cristo”. E lo invitano ad un incontro di preghiera. Che lui dribbla abilmente.
 
Passano dei giorni ed una sera, sempre incerto se tornare a casa o meno, decide di avviarsi a piedi e, nel passare sotto un edificio, rimane attratto da una musica. Entra, si trova in una sala dove alcune persone (guarda caso il gruppo di preghiera della coppia che lo aveva invitato) stanno cantando. Nel giro di poco tempo, si ritrova in ginocchio a piangere e riceve rivelazione sulla propria vita: “Come posso io chiedere un figlio al Signore, quando uccido quelli degli altri?”.
 
Preso da un fervore improvviso, prende un pezzo di carta e scrive il suo testamento spirituale: “Mai più morte, fino alla morte”. Poi chiama il suo “Amico” e glielo consegna, ammonendolo di vegliare sulla sua costanza e fede. Passano le settimane e il dottor Oriente comincia a vivere in modo diverso. Comincia anche a collezionare rogne, soprattutto tra i colleghi nel suo ambiente. In certi casi il “non fare” diventa un problema: professionale, economico, di immagine.
 
Una sera torna a casa e trova la moglie che vomita in continuazione. Pensa a qualche indigestione ma nei giorni seguenti il malessere continua. Invita allora la moglie a fare un test di gravidanza ma lei si rifiuta con veemenza. Troppi erano i mesi in cui lei, silenziosamente, li faceva quei test e quante coltellate nel vedere che erano sempre negativi... Ma dopo un mese di questi malesseri, lui la costringe a fare un esame del sangue, che rivela la presenza del BetaHCG: sono in attesa di un bambino!

Sono passati degli anni. I due bambini che la famiglia Oriente ha ricevuto in dono, oggi sono ragazzi. La vita di questo medico è totalmente cambiata. È meno ricco, meno famoso, una mosca bianca in un ambiente dove l’aborto è ancora considerato “una forma di aiuto” a chi, a causa di una vita sregolata o di un inganno, vi ricorre. Ma lui si sente ricco, profondamente ricco. Della gioia familiare, dei suoi valori, dell’amore di Dio, quella mano che lo carezza ogni giorno facendolo sentire degno di essere un “Suo figlio”.

Aborto, vietato obiettare

da: La Bussola Quotidiana - Prof. Renzo Puccetti


Nelle scorse settimane i ginecologi abortisti, termine qui usato per indicare gli operatori dell'aborto, si sono riuniti a convegno. L'oggetto, pare, delle loro accorate lamentele, il responsabile principale di ogni frustrazione, l'essere che proditoriamente lavorando nell'ombra tenta di privare la società di un diritto fondamentale quale sarebbe quello di abortire, é stato infine individuato in modo implacabile: si tratta dell'obiettore di coscienza.

A lui solo, reo di tali delitti, dovrebbe essere inibita l'assunzione negli ospedali. Qualcuno si domanda il motivo? Ma è ovvio: è notorio infatti che compito precipuo dell'ostetricia è la soppressione del bambino nel grembo delle madri. Gli abortisti sono persone per bene, sinceramente democratiche, generalmente in prima fila nella difesa del pluralismo dei valori; pluralismo che tutti hanno il sacrosanto diritto di potere esprimere; tutti, s'intende, tranne quell'impresentabile abusivo del camice bianco che va sotto il nome di medico obiettore.

Sembra peraltro che il trend sia molto preoccupante: anziché rimpicciolire progressivamente ed infine estinguersi, la razza dei ginecologi che non capiscono, che non si adeguano al progresso, ma obiettano e rifiutano di  aspirare i concepiti per gettarli tra i rifiuti speciali come mero materiale biologico, è in aumento.

Un comportamento intollerabile da parte di medici che costringono i poveri colleghi abortisti a sopportare "un carico psicologico maggiore". Deve essere davvero una gran canaglia il ginecologo obiettore per fare inviperire cosí gli operatori dell'aborto. Pare peraltro che la schiera dei perfidi obiettori sia ingrossata da un buon numero di abortisti: ci sono quelli della palude, quelli che non si sono mai apertamente schierati a difesa integrale dei diritti riproduttivi; ci sono i cripto-abortisti, quelli che gli aborti li farebbero se solo qualcuno spiegasse loro quanta penuria ci sia di operatori; vi sono poi gli abortisti in sonno, che sono quelli che gli aborti li facevano, ma poi hanno sospeso l'attività per dedicarsi temporaneamente ad altre attività; ed infine ci sono gli abortisti disertori, quelli che dopo cento, mille, diecimila aborti, erano esauriti e sentendo di non farcela più, hanno abbandonato la trincea.

Tutti questi però sono niente a confronto del più malefico di tutti gli obiettori: quello che a salvare la vita del concepito ci crede davvero. Si tratta di un sovversivo, uno che attenta alla legge osando rivendicare - pensate - quanto è scritto nella legge, che si annida nei consultori, sforzandosi magari d'individuare un aiuto concreto per evitare l'aborto. Il pericoloso ginecologo obiettore si aggira per gli ospedali dove in qualche caso - orrore - ha persino aperto le porte dei reparti a quegli altri loschissimi figuri che si fanno chiamare volontari pro-life, gente disprezzabile che, pensate un po', si leva i soldi di tasca ed apre anche le proprie case alle donne pur di aiutarle a non abortire, gentaglia davvero incomprensibile che venera una tal suora di Calcutta che ce l'aveva a morte con l'aborto,

una cosa che per gli abortisti è invece una "pratica umanissima". È sempre l'impunità di cui gode il medico obiettore ad avere dato il cattivo esempio e costringere il Paese ad avere ora a che fare anche coi farmacisti obiettori, altri folli che pretendono di avere una coscienza loro propria, di seguirne i dettami e di non dare alle donne tutte quelle belle pilloline che servono ad impedire all'embrione di sopravvivere.

Ma come si fa a non capire che fare gli aborti è una buona azione; pensate al risparmio che deriva dall'eliminazione di tutti quegli esseri un po' bruttini a vedersi, spesso ritardati, che se lasciati nascere, sono abbisognevoli di cure costose ed assistenza protratta. L'aborto fa bene alla psiche delle donne. Qualcuno potrebbe obiettare che il British Journal of Psychiatry ha appena pubblicato una mega-revisione dei casi che mostra invece il peggioramento della salute psichica delle donne dopo l'aborto; e che il professor Fergusson, ateo e pro-proice, ha confermato questi dati seguendo dalla nascita un gruppo di donne e analizzando ogni fattore. Ma queste anime belle farebbero bene a tacere; insomma, in fin dei conti il ginecologo abortista lavora tanto ed ha giustamente bisogno di ferie più lunghe.

No, la situazione è intollerabile, qui servono misure draconiane che ci riallineino agli standard europei di Francia e Inghilterra, dove il numero di aborti è quasi doppio rispetto all'ancora cattolica Italietta. Impedire l'assunzione del ginecologo obiettore potrebbe essere misura insufficiente; chissà per quanti anni ancora gli obiettori continuerebbero ad aggirarsi per le corsie e gli ambulatori: si potrebbe suggerire di accelerare il cambiamento mediante programmi di rieducazione intensiva alla comprensione della bellezza e bontà dell'aborto, magari in collaborazione col governo cinese, che di queste cose ha vasta esperienza e, per i renitenti, misure di progressiva penalizzazione, purché senza ulteriore affollamento delle carceri. A questo proposito si potrebbe attivare un programmino di scambio carcerario tra obiettori e quelli condannati per aborto clandestino, in fin dei conti dei semplici professionisti freelance: dentro i primi, fuori i secondi.

sabato 5 novembre 2011

Spari in Curia a Firenze, ci sono sei sospetti "Nel mirino Betori". Sta meglio don Paolo

da: Adnkronos

E' fuori pericolo di vita don Paolo Brogi, segretario particolare dell'arcivescovo di Firenze, monsignor Giuseppe Betori. Il sacerdote, colpito all'addome dal proiettile sparato da uno sconosciuto, è vivo per miracolo, in quanto il colpo di arma da fuoco gli ha sfiorato l'aorta. La sparatoria è avvenuta intorno alle 19.30 di ieri sera, nel cortile dell'arcivescovado, dove Betori era entrato in auto con don Paolo. L'aggressore li stava aspettando, e voleva sparare anche all'arcivescovo, secondo gli inquirenti. Quando si è aperto il portone automatico sul retro del palazzo vescovile, in piazza dell'Olio, il malvivente (descritto come un uomo sui circa 70 anni, forse un clochard) ha chiesto al segretario di parlare con l'arcivescovo. Al suo diniego, l'uomo ha urlato frasi sconnesse ed ha fatto fuoco contro il sacerdote, caduto in terra. Poi ha minacciato monsignor Betori e ha 'scarrellato' la pistola calibro 7.65, come per sparare nuovamente verso l'alto prelato. Non si sa se poi l'arma si sia inceppata o se l'aggressore abbia desistito, ma questi è fuggito, dicendo ''Tu non devi dire...''. Monsignor Betori ha soccorso il suo segretario, è arrivata l'ambulanza che ha trasportato don Brogi all'ospedale di Santa Maria Nuova.

E' scattata subito la caccia all'uomo, in base alle descrizioni fornite. Sei sospetti sono stati portati in Questura e sottoposti alla prova dello stub, per verificare se abbiano sparato. Le misure di sicurezza a protezione della Curia e dell'arcivescovo sono state rafforzate, mentre dal mondo della politica e delle istituzioni si e' levata una condanna unanime. Betori nella notte ha fatto visita a don Paolo in ospedale. ''Verso chi ha sparato, come verso tutti, provo un sentimento di misericordia'', ha detto l'arcivescovo di Firenze. L'intervento chirurgico e' andato a buon fine e il sacerdote ferito e' fuori pericolo.

La sfida di Bersani: via il governo, l'Italia ce la fa...

da: L'Unità

«Noi ci siamo, è ora di ricostruire l'Italia»

«Con il cambiamento l’Italia ce la farà». Dal palco di San Giovanni oggi Pier Luigi Bersani lancerà parole «di fiducia», illustrando le proposte del suo partito per uscire dalla crisi e puntando a dimostrare non solo che un’alternativa al berlusconismo può già esserci, ma che il Pd ne è un «imprescindibile pilastro». Il leader dei Democratici sa che la prossima settimana si giocherà in Parlamento una partita decisiva, perché sembrano essersi create le condizioni per la caduta del governo ma anche perché a seconda di come si aprirà la crisi si capirà che direzione prenderà il dopo Berlusconi. E Bersani, che con Dario Franceschini sta valutando se presentare una mozione di sfiducia sia la mossa più conveniente per raggiungere l’obiettivo («certo, in un Paese normale non accadrebbe che in una situazione di crisi così grave si debba stare attaccati al voto di una o due persone»), sta lavorando perché il tutto non si risolva poi in «un ribaltone».

Se nel centrodestra c’è infatti chi lavora a un governo guidato da Gianni Letta che possa aprire all’Udc, il segretario del Pd ha messo in chiaro in tutti i colloqui avuti negli ultimi giorni che il suo partito sosterrà soltanto un esecutivo che segni una netta «discontinuità», poggi su un consenso «larghissimo» e sia composto da persone autorevoli in Italia e all’estero. Ne ha parlato anche con Pier Ferdinando Casini, con il quale il leader del Pd non dispera di chiudere quando sarà il momento un accordo elettorale, anche se è già stato messo a punto un piano B che prevede un patto di legislatura basato su pochi punti programmatici condivisi da far valere dopo il voto (lo stesso leader Udc non nasconde di volersi tenere le mani libere al voto perché poi «la nostra forza sarebbe quella di costringere il vincitore a venire a patti»).

Che si vada effettivamente verso un governo di transizione o che Berlusconi riesca a impedirlo e a portare il Paese alle elezioni anticipate, Bersani (convinto comunque che si voterà prima del 2013) oggi vuole mostrare da San Giovanni la forza organizzativa e programmatica di cui dispone il Pd. Dal palco tricolore, con alle spalle la scritta «Ricostruzione: un grande Paese merita un futuro migliore» e ai lati le parole «In nome del popolo italiano», il segretario Pd non solo attaccherà a testa bassa un premier che continua a negare la crisi facendo «battute che fanno rabbrividire, agghiaccianti» e un governo che con la sua mancanza di credibilità ci ha portato «sul fronte più esposto» della crisi. «Essere sotto tutela per un grande Paese come il nostro è un fatto che ci toglie libertà e anche un po’ di dignità», diceva ieri dopo i pronunciamenti di G20 e Fmi, e oggi ribadirà il concetto, dicendo che se ci sarà un cambio politico ci vorrà poco a recuperare la credibilità persa perché il Pd ha proposte alternative per superare la crisi e perché «il mondo ha capito che un conto è Berlusconi e un conto sono gli italiani».

In piazza dalle 12 ci saranno, oltre al gruppo dirigente del Pd (“rottamatore” Matteo Renzi compreso) anche esponenti dell’Idv (guidati da Antonio Di Pietro), di Sel, dei Verdi, associazioni come Articolo 21, il segretario della Cgil Susanna Camusso. Dal palco, dove suoneranno Roberto Vecchioni i Marlene Kuntz e altri, parleranno prima della chiusura di Bersani la portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr) Laura Boldrini, l’assessore all’Ambiente del comune di Calice al Cornoviglio, in provincia di La Spezia, Alessandra Rossi (il Pd lancerà proprio da qui una sottoscrizione in favore delle zone alluvionate di Liguria e Toscana), il vicepresidente della Dc cilena Jorge Burgos e il leader della Spd tedesca Sigmar Gabriel, giunto a Roma ieri pomeriggio. Nella serata un impegno improvviso ha trattenuto invece a Parigi il socialista francese François Hollande, che ha registrato un videomessaggio che verrà trasmesso prima dell’intervento di Bersani.

Ora i giuda hanno paura

da: Il Giornale


Rischia di fallire il tentativo di far cadere il governo. Sfuma l'ipotesi di esecutivo tecnico e i malpancisti traballano

Un passo indietro, due in avanti, ancora uno indietro. E poi i se e i ma. Nella pattuglia dei possibili traditori della maggioranza le idee sono poche e confuse. Soprattutto prevale la paura di aver sbagliato i calcoli e la tempistica. Perché il governo Berlusconi è come i gatti, ha sette vite e ancora non le ha esaurite. E più passano le ore dalla famosa lettera dei dissidenti Pdl che annunciano il passaggio all’opposizione, più l’esito del golpe sembra incerto. Chi ha inventato e innescato questa crisi in coincidenza con il vertice dei grandi del mondo ha già raggiunto lo scopo:innescare sfiducia nei confronti dell’-Italia, creare altre difficoltà alla delegazione che stava trattando con alleati e Banca centrale. Berlusconi ha cercato di tranquillizzare i partner europei a modo suo, cioè dicendo verità banali tipo che l’Italia non è sull’orlo del baratro tanto che i ristoranti e gli aerei sono sempre pieni. Apriti cielo, le opposizioni sono insorte. Come se l’unica Italia che ha diritto di esistere sia quella raccontata da Santoro e soci e l’altra,quella reale e maggioritaria, dovesse scomparire. A fatica, ma l’Europa crede ancora in questo Paese e nel suo governo. Abbiamo dato disponibilità a far vedere al Fondo monetario i nostri conti. Non abbiamo nulla da nascondere. Anzi. La scaletta degli interventi da fare ora ha scadenze precise (le pubblichiamo all’interno) e altri, non il governo, dovranno prendersi la responsabilità di non rispettarli.

Questi «altri» hanno nomi e cognomi. Sono i leader dell’opposizione che ogni giorno piangono miseria ma non muovono un dito. Sono quei deputati del Pdl che minacciano di fare saltare il banco sapendo che non c’è alcuna alternativa percorribile se non quella di un tornaconto personale ( la promessa di essere piazzato in lista alle prossime elezioni da qualche altro partito). E sono quei giornali che continuano a negare l’evidenza che gli impegni esistono e che sono sufficienti e fattibili. Il clima che sta creando sfiducia e sospetti passa proprio per i mass media e nel «tanto peggio tanto meglio » che si propaga tra una classe politica impazzita, desiderosa soltanto di vedere Berlusconi fuori da Palazzo Chigi. Nell’ultimo anno ci hanno provato più volte: gli attacchi della magistratura, la scissione di Fini, gli agguati ai voti di fiducia,l’ultimo con un ridicolo Aventino dell’opposizione. È questo,l’Italia dei giudici all’Ingroia (quello che si è dichiarato partigiano), dei Bersani che fuggono dal confronto in aula, del presidente della Camera che invece dell’arbitro fa il giocatore, lo spettacolo che crea discredito. Noi stiamo dall’altra parte, tra quelli che lavorano,prendono l’aereo e a volte cenano al ristorante. Perché è soltanto così che si può crescere.

Contro infarti, ictus e diabete, il resveratrolo funziona Ma un bicchiere di vino non basta

da: Il Sole 24 Ore


Il resveratrolo, una delle molecole che rendono il vino rosso un prezioso alleato del benessere, protegge la salute di chi ha un alto rischio di soffrire di disturbi cardiaci e diabete. La notizia, pubblicata da Cell Metabolism, arriva dai laboratori dell'Università di Maastricht (Paesi Bassi), dove è stato scoperto che questo antiossidante riduce la pressione e i livelli di zucchero nel sangue.

Lo studio che ha portato a queste conclusioni ha coinvolto 11 uomini che, in quanto obesi, presentavano un'alta probabilità di sviluppare la cosiddetta sindrome metabolica, una condizione che aumenta il rischio di sviluppare malattie cardiache, ictus e diabete di tipo 2. Dopo un mese di trattamento con 150 mg di resveratrolo purificato al giorno, tutti i partecipanti hanno mostrato una riduzione del consumo energetico, un minor accumulo di grassi nel fegato, livelli di zuccheri nel sangue inferiori e un valore della pressione massima (ovvero quella sistolica) più basso di 5 punti.

Esagerare con il vino, però, non porta a ottenere l'effetto benefico dovuto al resveratrolo: infatti il principio attivo, ottenibile dalla buccia degli acini d'uva nera, è presente nel vino rosso in quantità troppo basse - circa 1 mg per bicchiere - per poter pensare di sfruttarne le proprietà semplicemente brindando qualche volta in più.

Genova deserta, si scava nel fango

da: Corriere della Sera


Stop alla circolazione e scuole chiuse.La pioggia si sposta nello Spezzino. Temporali su Piemonte ed Emilia

Divieto di circolazione e scuole chiuse. Genova si risveglia nel fango all'indomani del violento nubifragio che ha fatto sei vittime accertate. Ancora rovesci sparsi fino a mezzanotte e alle primissime ore del mattino fino alle 2 circa, con cumulate massime di 10-12 millimetri, poi la pioggia è cessata. All'alba cielo grigio e un forte vento di scirocco. Alle sette è scattato alle sette il divieto di circolazione disposto dal sindaco Marta Vincenzi. Deserte le strade, dove circolano soltanto mezzi di soccorso e delle forze dell'ordine, taxi e autobus. In giro solo qualche auto privata, che non ha rispettato il divieto. Nelle zone più colpite dalla furia del torrente Fereggiano - quelle del quartiere Marassi - hanno lavorato per tutta la notte i vigili del fuoco e gli addetti alle fognature. Lungo tutta via Fereggiano sono ancora centinaia le auto presenti, trascinate e distrutte dalla piena, che le ha accatastate una sull'altra. Decine i negozi che hanno subito danni. Si scava nel fango, anche se al momento non risultano alle forze dell'ordine altri dispersi e nel corso della notte non sono state trovate altre vittime. Intanto, ha ripreso a piovere con violenza sullo Spezzino e sulle zone colpite dall'alluvione di una settimana fa.

  Nubifragio a Genova    Nubifragio a Genova    Nubifragio a Genova    Nubifragio a Genova    Nubifragio a Genova    Nubifragio a Genova    Nubifragio a Genova
 
MALTEMPO SULLO SPEZZINO - Due frazioni della Val di Vara, Stagnedo e Boccapignone, sono state evacuate pochi minuti dopo le otto per l'apertura di un nuovo fronte di frana causato dalla intensa pioggia. I tecnici hanno chiuso l'Aurelia, tra Beverino e Borghetto Vara, già interessata venerdì dal movimento della grande frana caduta nei giorni scorsi. Un forte temporale si sta abbattendo su Borghetto Vara e Brugnato. La pioggia battente sta portando via il fango delle strade e rappresenta una forte minaccia per le decine di frane che ancora si trovano nella zona alluvionata dal 25 ottobre scorso. I geologi stanno monitorando le frane già attive nella zona in attesa del picco di pioggia previsto per mezzogiorno. Sotto controllo anche gli alvei dei fiumi Vara, Pogliaschina e Cassana. Il secondo picco di pioggia è previsto nel pomeriggio.
 
PIOGGIA SU EMILIA E PIEMONTE - E mentre l'Italia guarda con orrore alla tragedia dell'alluvione a Genova, piove in Piemonte e continuerà a piovere nelle prossime ore, con il rischio di esondazione di alcuni corsi d'acqua. Il bollettino di aggiornamento diramato alle 6 dal Centro funzionale regionale rileva che nelle ultime 12 ore sono state registrate precipitazioni con valori generalmente forti su quasi tutta la Regione. In particolare, in provincia di Alessandria si segnalano criticità diffuse per frane ed esondazioni nella zona di Ovada. In Emilia Romagna la Protezione civile ha emanato l'allerta per piogge intense che interesserà soprattutto le province di Parma e Piacenza fino a domenica 6. Le abbondanti piogge previste interesseranno il bacino del fiume Po e potrebbero determinare innalzamenti del livello delle acque.

Cina/ Salvataggio in diretta tv di 45 minatori

da: TM news


Intrappolati da ieri dopo un'esplosione, che ha causato 8 morti

Pechino, 5 nov. - Quarantacinque minatori sono stati tratti in salvo dalla miniera di carbone in cui erano rimasti intrappolati nel centro della Cina, dopo un'esplosione avvenuta giovedì. Si tratta di un'operazione di salvataggio piuttosto eccezionale in un Paese che solo lo scorso anno ha registrato la morte di 2.433 minatori.

La deflagrazione di giovedì sera alla miniera di Qianqiu, nella provincia di Henan, ha causato otto morti. I soccorritori hanno dovuto scavare un tunnel per raggiungere i superstiti, alcuni dei quali feriti, che sono rimasti per più di 36 ore a diverse centinaia di metri di profondità. Nella tarda mattinata di oggi l'ultimo minatore è stato riportato in superficie su una barella e immediatamente portato via in ambulanza, stando alle immagini diffuse dalla televisione di Stato CCTV, che ha seguito le operazioni in diretta dalla città di Sanmenxia.

Altri sette minatori erano stati portati in salvo ieri, mentre 14 erano riusciti a scappare subito dopo l'esplosione: complessivamente erano 74 i minatori presenti al lavoro al momento dell'esplosione nella miniera di carbone, di proprietà dell'azienda pubblica Henan Yima Coal Mine Group.

L'ultima operazione di salvataggio in Cina risale all'aprile 2010, quando 115 minatori vennero riportati in superficie dopo essere rimasti intrappolati per otto giorni.

Colombia, decapitate le Farc Ucciso il leader Alfonso Cano

da: Corriere della Sera

Il guerrigliero colpito nel corso di combattimenti con l'esercito.

Il capo della guerriglia colombiana delle Farc, Alfonso Cano, è stato ucciso nel corso di combattimenti con l'esercito. Lo ha annunciato il governatore del dipartimento di Cauca, nel sudovest della Colombia. «Truppe di terra e dell'aviazione militare hanno effettuato operazioni tra i comuni di Suarez e Lopez de Mikay dove è stata segnalata la morte di Alfonso Cano», ha dichiarato Alberto Gonzalez. Una fonte dei servizi di intelligence militari ha confermato la notizia. «Abbiamo confermato la morte di Cano», ha dichiarato sotto copertura di anonimato.
 
IL GUERRIGLIERO - Alfonso Cano era diventato nel 2008 il capo della guerriglia delle Forze armate rivoluzionarie di Colombia (Farc, marxisti), in sostituzione del leader storico, Manuel Marulanda, stroncato da una crisi cardiaca a marzo. Esercito e polizia colombiana non avevano smesso di seguirlo, per indebolire il comando della guerriglia. Nel settembre 2010 Jorge Briceno, alias «Mono Jojoy», il numero due delle Farc e il loro leader militare erano stati già uccisi. 

DECAPITATE LE FARC - Nel 2008, la guerriglia delle Farc, fondata nel 1964 e che conta ancora 8mila combattenti secondo le autorità, aveva inoltre perso altri due dirigenti storici, oltre al suo principale fondatore Manuel Marulanda: i due membri dell'ufficio politico, Raul Reyes, ucciso in un bombardamento in Ecuador e Ivan Rios. Il gruppo aveva tentato di riorganizzarsi e intensificato le sue azioni. Il ministro della Difesa di Bogotà, Juan Carlos Pinzon, aveva annunciato la cattura del responsabile della sicurezza di Cano e segnalato che l'esercito cercava anche di confermare la morte della sua compagna.

Arrembaggio della marina alle due navi partite dalla Turchia

da: Il Giornale

Gerusalemme - La marina militare israeliana ha fermato ieri un nuovo tentativo di forzare il blocco navale su Gaza. Una mini flottiglia composta da due navi, l'irlandese Saoirse - libertà in gaelico - e la canadese Tahrir - liberazione in arabo - è partita mercoledì dalla Turchia ed è arrivata ieri in prossimità delle acque territoriali israeliane. A bordo c'erano 27 tra attivisti e giornalisti, provenienti da nove diversi Paesi tra cui Stati Uniti, Canada, Irlanda, Marocco, Iran. Membri della marina israeliana sono saliti a bordo delle navi dopo aver prima contattato gli equipaggi via radio, avvertendo dell'esistenza di un blocco navale. «L'abbordaggio ha seguito numerose chiamate agli attivisti», ha scritto su Twitter un portavoce dell'esercito israeliano. Agli attivisti, che avevano a bordo con loro materiale medico per 30mila dollari, sarebbe stato proposto di fare rotta verso il porto di Ashdod, in Israele, o verso l'Egitto. Da lì, i rifornimenti medici avrebbero potuto essere trasportati via terra ai palestinesi di Gaza, hanno detto gli israeliani. Gli attivisti hanno però ignorato gli appelli e la marina è quindi entrata in azione abbordando le navi e forzando gli equipaggi a fare rotta verso il porto di Ashdod dove i passeggeri sono stati consegnati alla polizia di frontiera. Non ci sono stati scontri tra equipaggio e militari. Gli attivisti avevano fatto sapere prima della partenza con video su Internet che non avrebbero opposto resistenza e l'esercito israeliano ha spiegato di «aver preso tutte le precauzioni necessarie per assicurare l'incolumità degli attivisti».
 
Nel maggio 2010, in un raid israeliano contro la nave Mavi Marmara, che cercava di infrangere il blocco, erano morti nove cittadini turchi. L'operazione frantumò i rapporti con la Turchia, solitario alleato di Israele nella regione. La relazione con Ankara si era già incrinata dopo l'operazione Piombo Fuso israeliana del 2009 contro la Striscia di Gaza controllata da Hamas. Il rifiuto di Israele di presentare scuse ufficiali ha aumentato con il passare dei mesi la distanza fra i due governi. Nelle scorse ore, però, dalla Turchia sarebbero arrivati segnali positivi. Secondo il quotidiano israeliano Haaretz sarebbero in corso colloqui segreti tra i vertici politici. Il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu, che ha criticato aspramente Israele in passato, ha chiesto nei giorni scorsi all'organizzazione non governativa turca IHH - Humanitarian Relief Foundation, proprietaria della Mavi Marmara -, di bloccare la partecipazione della sua nave alla flottiglia di ieri. Ankara, inoltre, dopo un primo ambiguo rifiuto, ha accettato a qualche giorno dal forte terremoto che ha da poco colpito l'est del Paese, l'aiuto delle squadre di soccorso israeliane.

La mini flottiglia bloccata ieri è la prima di una serie, hanno avvertito gli attivisti. Per Israele i tentativi di infrangere il blocco navale - che secondo il governo mira a evitare il contrabbando di armi - sono una «provocazione». In seguito all'esito tragico del raid contro la Mavi Marmara, Israele ha rilassato il blocco su Gaza via terra: l'afflusso di beni nella Striscia è comunque regolato da Israele e le esportazioni sono ferme.

venerdì 4 novembre 2011

Usa/In sperimentazione trattamento laser per avere occhi blu

da: TM News


Dodici volontari messicani si sono già  sottoposti a intervento

New York, 4 nov. (TMNews) - Avere gli occhi blu potrebbe presto non essere più solo un dono di nascita. Addio alle lenti a contatto colorate, fastidiose che spesso danno all'iride sfumature troppo brillanti e innaturali. Adesso dalla California arriva una nuova operazione al laser che in 20 secondi fa diventare gli occhi azzurri.

Gregg Homer, fondatore dello Stroma Medical Center a Laguna Beach, nella California del Sud, ha messo a punto un trattamento cosmetico irreversibile che rimuove lo strato superficiale di pigmenti marroni che caratterizza chi ha gli occhi di questo colore. In un'intervista al tabloid New York Daily News, l'inventore ha spiegato che chi ha gli occhi marroni ha un bulbo oculare di colore azzurrino sotto lo strato di pigmenti scuri che copre l'iride. Basta dunque rimuovere lo stato superiore dell'iride per far apparire il colore blu. "Tutti hanno gli occhi azzurri sotto quelli marroni" dice Homer, "coperti da un sottole strato pigmentato. Abbiamo sviluppato un laser che può essere 'sparato' direttamente sulla cornea e che scassa il pgimento avviando un processo per cui il corpo lo 'digerisce' e lo rimuove dall'occhio".

L'operazione dura sono venti secondi ma gli occhi non diventano subito azzurri; anzi per i primi giorni sono addirittura più scuri, poi schiariscono nel corso di quattro settimane.

Homer ha già  testato il trattamento su dodici volontari in Messico, rimuovendo i pigmenti marroni in almeno uno dei due occhi. Le operazioni sono avvenute con successo, ma prima di portare il trattamento nel mercato americano Homer vuole procedere con cautela. Per un anno vuole sottoporre al trattamento volontari ai cui verrano rimossi i pigmenti marroni da entrambi gli occhi e poi vuole vendere il trattamento al di fuori degli Stati Uniti, probabilmente in Canada, Messico ed Europa, per poi introdurlo in America tra tre anni. L'inventore sostiene che secondo un sondaggio condotto su 2.000 pazienti, il 17,5 per cento ha detto che vorrebbe sottoporsi al trattamento. Il costo dell'operazione dovrebbe aggirarsi attorno ai 5.000 dollari.

MotoGp di Valencia, Valentino in pista con il 58 di Sic «sul Ducatone»

da: Corriere di Bologna


Pronto anche un casco speciale in memoria di Simoncelli. Capirossi ha cambiato numero per la sua ultima gara


Giornata di pioggia a Valencia dove il motomondiale cerca con difficoltà di tornare alla normalità dopo la tragedia di Marco Simoncelli. Tantissimi i colleghi che hanno voluto ricordare il Sic, con adesivi su casco o moto, nei box e cambiando numero di gara, come Capirossi che è passato dal 65 al 58 in questa che sarà la sua ultima gara in carriera. 

IL NUMERO DEL “SIC” - Valentino Rossi ha messo il numero 58 con la scritta «Sic» all'interno del suo famoso «46» sulla parte frontale della Desmosedici e ha postato la foto su Twitter: «Ragazzi ecco il 58 sul Ducatone», ha scritto online. Sabato, dalle prove libere della mattina, il nove volte campione del mondo sfoggerà anche il casco speciale dedicato a Simoncelli e arrivato a Valencia proprio questo pomeriggio. 

PIOGGIA - In pista, con l'umido della mattina, Valentino era riuscito a portare la sua Ducati Desmosedici fino al terzo posto, alle spalle di Stoner e Pedrosa, mettendosi dietro il compagno di squadra Hayden e il redivivo Capirossi. Nel pomeriggio le condizioni sono peggiorate, la seconda sessione di prove libere è stata caratterizzata dalla pioggia e ha visto svettare Alvaro Bautista con la Suzuki, davanti a tre Ducati: quella ufficiale di Hayden e quelle private di De Puniet e Abraham. Valentino ha chiuso al settimo posto davanti a Stoner e Pedrosa in una sessione nella quale nessuno dei big ha voluto prendersi rischi inutili. Visti comunque questi risultati, la Ducati spera nelle pioggia per la gara di domenica. In quelle condizioni la Desmosedici è competitiva e potrebbe magari regalare una grande gioia nell'ultima prova stagionale. Rossi ha provato a scherzare sulla situazione: «Con il freddo e il bagnato andiamo forte, se il campionato fosse d'inverno potrei anche vincere», ha scritto su Twitter.

La teologia del corpo secondo Giovanni Paolo II

da: Zenit



Convegno Internazionale all'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum

ROMA, giovedì, 3 novembre 2011 (ZENIT.org) - Nei giorni 9-11 novembre si terrà a Roma un Convegno Internazionale sulla Teologia del Corpo di Giovanni Paolo II organizzato dalle facoltà di Teologia, di Filosofia e di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma (APRA).

Per conoscerne i contenuti e le finalità ZENIT ha intervistato uno degli ideatori e promotori del convegno, Padre Pedro Barrajón, L.C., Rettore dell’APRA.

Perché un convegno sulla Teologia del Corpo?
Barrajón: Questo convegno risponde a un mio desiderio che procede da molto tempo addietro. Otto anni fa ho preparato un corso di Licenza in Teologia sul tema Visione cristiana del corpo dove prendevo buona parte del materiale delle famose catechesi di Giovanni Paolo II sull’amore umano. Poi ho riproposto questo corso a studenti di bioetica e ho visto in tutti un grande interesse sul tema e sul modo di affrontare Giovanni Paolo II la questione dell’amore umano e del corpo. Per cui avevo pensato da tempo che sarebbe stato interesante organizzare a Roma un congresso internazionale dove si potesse raccogliere meglio l’eredità di Giovanni Paolo II in questo ambito. Questa mia idea la ho condivisa con i decani delle tre facoltà dell’Ateneo e con il Preside e il Coordinatore del Centro Studi del nostro Ateneo e ho trovato un totale appoggio da parte loro. Abbiamo preso l’occasione della beatificazione di Giovanni  Paolo II per organizzarlo nello stesso anno.

Quale è secondo lei la novità del contributo di Giovanni Paolo II?
Barrajón: Giovanni Paolo II, come ben sappiamo, era un uomo a cui il Signore aveva dato grandi talenti. Uno di essi era aver capito ciò che il concilio aveva chiamato, citando una frase di Gesù nel Vangelo, “i segni dei tempi”. Egli sentiva il bisogno di riproporre in modo nuovo la dottrina cattolica sull’amore umano che è strettamente legata alla teologia del corpo. Avendo avuto una notevole esperienza pastorale con le famiglie, nell’insegnamento dell’etica all’università, aveva potuto poi rifletterne lasciando scritti di unica finezza come Amore e responsabilità. Egli ha potuto guardare la teologia del corpo sotto ciò che egli chiama l’ermeneutica del dono, ha guardato la realtà come dono assoluto di Dio e sotto questa prospettiva della donazione considerare anche il valore del proprio corpo nell’alleanza matrimoniale.

Per alcune persone, queste catechesi sono molto difficili da leggere e da capire? Perché questa difficoltà e come superarla?
Barrajón: In effetti non è un linguaggio semplice. Ricordo bene che quando Giovanni  Paolo II diede inizio a queste catechesi io ero studente di filosofia a Roma all’Università Gregoriana. Veramente all’epoca io non me ne interessai affatto perché anche io le capivo bene. Ma dopo alcuni anni, una lettura d’insieme e con più formazione filosofica e teologia, le grandi intuizioni del Papa furono per me una grande rivelazione che servirono non soltanto per l’insegnamento ma per la pastorale. Per capirle meglio io raccomanderei qualche introduzione fatta da una persona competente o da qualche libro - adesso ce ne sono tanti - che possano dare una visione sintetica e spiegare i concetti portanti. Poi è interessante capire sin all’inizio il metodo proprio che Giovanni Paolo II seguì in queste catechesi.

Quale è questo la metodologia specifica dell’approccio del Papa?
Barrajón: Il Papa parte dalle parole del Vangelo, specialmente le parole di Cristo e cerca di capirle, inserendole in un contesto amplio dove emerge la profonda unità tra l’Antico e il Nuovo Testamento. Queste parole sono poi interpretate alla luce della ragione ma anche dell’esperienza oggettiva. E qui entra, in un certo senso, il metodo fenomenologico che il Papa aveva studiato in autori come Max Scheler, usato come metodo - non come fine - per capire ciò che è essenziale all’essere umano, capace di esprimere e di dare amore, capace di essere vivere la vita che gli è stata donata come un supremo dono che egli deve a sua volta donare.

Come è organizzato il Convegno?
Barrajón: Il Convegno dura tre giorni. Il primo è un incontro dei partecipanti con il Santo Padre nell’udienza del mercoledì. La sera del primo giorno abbiamo un primo incontro soltanto i relatori per fare conoscenza diretta delle persone che interverranno e per ascoltare una relazione del prof. Michael Walstein, grande esperto in materia, il quale ci presentare una panoramica generale della situazione attuale della teologia del corpo. Il primo giorno, nel mattino, si tratteranno aspetti generali sul tema. Nel pomeriggio ci sono tre percorsi, uno più filosofico,un altro più teologico e una presentazione di papers. Poi ci sono testimonianze di esperienze pastorali fatte in diversi paesi (USA, Italia, Spagna, Austria, Francia, Irlanda, Canada, Messico…). Nel secondo giorno, durante il mattino ci sono aspetti più pastorali come l’impatto della teologia del corpo nella evangelizzazione o il corpo sofferente. Di pomeriggio ci sono due altri percorsi,  uno bioetico e l’altro pastorale. Finalmente si conclude con alcuni interventi che vanno nella direzione di capire quale può essere il futuro per la teologia del corpo nella Chiesa e nella società.

Nel programma del Convegno c’è anche l’intervento di Christopher West, la cui figura è controversa negli Stati Uniti per alcune sue spiegazioni e interpretazioni peculiari sulla teologia del corpo…
Barrajón: Sì, sarà presente Christopher West. Farà una relazione e poi anche una presentazione che ha avuto successo negli Stati Uniti sulla teologia del corpo chiamata Fill our Hearts. So che alcune sue espressioni hanno causato negli Stati Uniti una vivace polemica mediatica negli ambienti cattolici. Dall’altra parte so anche che egli ha affermato che è disposto a rivedere certe sue posizioni, se fosse necessario. Ma è anche indubbio il grande bene che ha fatto e che fa con i suoi libri e le sue conferenze. Noi l’abbiamo invitato perché crediamo che convegni come questi possono servire a tutti per confrontare le diverse posizioni, chiarirle se fosse necessario, è dialogare in spirito di ascolto reciproco.

Abbiamo visto molti relatori del  vostro Ateneo.

Barrajón: Più meno la metà dei relatori sono docenti nel nostro Ateneo. Abbiamo voluto che i nostri professori contribuissero all’approfondimento del pensiero del Papa Giovanni Paolo II sulla teologia del corpo. Perciò alcuni dei nostri professori delle tre facoltà. Di teologia i Padri Thomas Williams, Giovanni Boer, Georges Woodall, P. Paolo Scarafoni e io stesso anche faccio una relazione introduttiva. Della facoltà di filosofia partecipano il José Antonio Izquierdo Labeaga e il Prof. Guido Traversa; della facoltà di bioetica, il decano, P. Gonzalo Miranda, P. Joseph Tham e la prof. ssa Giorgia Brambilla.

E gli altri, da quali Paesi provengono?
Barrajón: Abbiamo invitato ad un gruppo di relatori americani, dove la teologia del corpo è molto sviluppata: oltre a Michael Waldstein, verrà anche Christopher West, che avrà una presentazione speciale sul tema intitolata Fill our Hearts, Janet Smith, Katrina Zeno, P. Walter Schu, Dalla Francia vengono Mons. Jean Lafitte, Segretario della Pontificia Accademia per la Vita, don Pascal Ide, Xavier Lacroix e Yves Semen. Dalla Spagna, P. Ramón Lucas, docente di filosofia alla Gregoriana a anche al nostro Ateneo. L’on. Rocco Buttiglione, autore di un eccellente libro sulla filosofia di Karol Wojtyla, il prof. Mario Morcellini, preside della facoltà di sociologia dell’università La Sapienza di Roma e  la prof.ssa. Michaëla Liuccio della stessa facoltà, la prof.ssa Ales Belo, già decano di filosofia dell’università Lateranense e don Manlio Sodi, professore di Liturgia all’università Salesiana di Roma procedono dall’Italia. Polacco è Mons. Sygmund Zymonsky, Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale Sanitaria. Dalla Cina partecipa Mons. Savio Hon, Segretario della Pontificia Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e dalla Germania, la prof. ssa Yvonne Dohna, docente di storia dell’arte all’università Gregoriana.

Quali sono i frutti che vi aspettate da questo Convegno?

Barrajón: Innanzi tutto fare il punto della situazione sullo stato della teologia del corpo, della sua comprensione e presentazione dopo più di trenta anni della sua apparizione e in questo anno della beatificazione del suo creatore, Giovanni Paolo II. Il fatto di poter dialogare tra esponenti provenienti di diversi ambiti e esperienze, confrontare diverse interpretazioni teologiche e pastorali è già un frutto importante. Mi auguro che il Convegno rafforzi le esperienze positive pastorali, aiuti ad approfondire la teologia dell’amore e l’antropologia cristiana e a mettere sempre di più la teologia del corpo al servizio della nuova evangelizzazione, della diffusione della fede e della pastorale matrimoniale e familiare.