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lunedì 14 febbraio 2011

“Giovanni Paolo II ci ha insegnato che Cristo si incontra qui sulla terra”

di: Luca Marcolivio - L'Ottimista

Le grandi sfide per l’evangelizzazione del Terzo Millennio: papa Wojtyla nel ricordo di Renato Farina

L’1 maggio è sempre più vicino. Nel mondo cattolico (e non solo) ferve l’attesa per la beatificazione di Giovanni Paolo II. L’immagine, la voce, il pensiero, le parole del grande papa polacco sono tuttora fortemente impresse nella memoria e nel cuore di ognuno di noi.
A soli sei anni dalla morte e da quel santo subito! che echeggiava per tutta piazza San Pietro il giorno dei suoi funerali, questa figura così familiare con cui tanti fedeli hanno potuto parlare, incrociare il suo indimenticabile sguardo carico d’amore, sentire sul proprio volto la sua carezza paterna, viene elevata agli altari.
Attore, commediografo e poeta, in gioventù, Karol Wojtyla è stato un grande uomo di fede ma anche un grande uomo di cultura. E il suo invito a “spalancare le porte a Cristo” assumeva una valenza speciale per un mondo – quello della cultura, per l’appunto – più che mai secolarizzato. Quell’appello di oltre trent’anni fa, tuttavia, è stato recepito in modo significativo da moltissimi intellettuali, giornalisti, scrittori, accademici e scienziati che - ognuno a modo proprio e ognuno nel proprio ambito – hanno avuto il coraggio di aprire quelle “porte”. Tra questi figura Renato Farina, giornalista, scrittore e parlamentare, autore di originali biografie di don Giussani e Madre Teresa. All’Ottimista l’on. Farina ha raccontato il suo personale ricordo di papa Wojtyla, tratteggiando le sfide che il futuro beato ha lasciato in eredità alla nostra generazione.

On. Farina, Lei ha presenziato mercoledì 2 febbraio, alla messa alle Grotte Vaticane, davanti alla tomba del Servo di Dio Giovanni Paolo II. Cosa ha rappresentato questo evento e cosa ha significato per Lei?
“Per me è stato un avvenimento di felicità e di gratitudine. Ho viaggiato con il Papa in 50 viaggi per il mondo. L’ho visto pregare. E dunque andare alla sua tomba di beato è stato un ritrovare l’essenziale. Poter chiedere il soccorso di un amico in cielo, dove sta con don Giussani, Madre Teresa e mio papà! Cosa c’e di più bello?”.

Alla celebrazione, ha partecipato - e Lei era tra questi - una delegazione di deputati e senatori. Come è vissuta la fede tra i suoi colleghi parlamentari?
“Si sta muovendo qualcosa di importante. Il lavoro soprattutto di monsignor Fisichella, in unità con Maurizio Lupi, ha creato una comunità di gente appartenente a tutti i partiti che si raduna per cercare di tenere insieme la fede e la politica. La mozione unitaria in difesa della libertà religiosa nel mondo e contro la cristianofobia ha preso le mosse da questa recuperata sensibilità. Il rischio sempre presente è quello di separare la fede dall’intelligenza della realtà”.

Ritiene che la classe politica attualmente al potere risponda a quell’esigenza di una “nuova generazione di politici cattolici” che papa Benedetto XVI auspica da tempo?
“La classe politica purtroppo ha molti difetti, uno tra gli altri è quello di non essere al potere, ma di aver abdicato ad altri poteri, come la finanza, la magistratura, l’editoria... E non sto dicendo tanto per dire. Io penso che sia urgente una rinascita sia tra coloro che - giovani o no - sono già in politica, sia generando un interesse e un senso di bella responsabilità tra i ragazzi. A noi tocca aprire le porte, educare ed educarsi insieme!”.

Torniamo a Giovanni Paolo II. Cosa rappresenta questa straordinaria figura umana e cristiana per la sua generazione?
“Rappresenta la possibilità che gli uomini hanno di gustare la pienezza dell’essere uomini grazie alla fede. Cristo è un amico qui e ora. Ha squassato i poteri cattivi con la forza della sua testimonianza. Che cosa di più di questo?”.

Quali sono i suoi personali ricordi di papa Wojtyla?
“I suoi occhi e i suoi piedi. Gli occhi perché quando mi guardava avvertivo affetto che non finisce, gioia, sicurezza commossa in Dio e fiducia in me. Mi ha incontrato con la famiglia. Mi teneva forte il polso. Ci disse: ‘abbiamo un compito comune, quello di...’. E intendeva qualcosa di grande e bello. I piedi erano quelli di uno che li usava per camminare e andare dovunque ci fosse qualcuno da incontrare. Me li ricordo sollevati nella sala Clementina sulla tavola mortuaria. Avrei voluto lavarglieli, baciarli”.

Lei è stato discepolo spirituale di don Luigi Giussani e ha conosciuto personalmente Madre Teresa di Calcutta: cosa accomuna questi due ‘santi’ del secolo scorso al loro illustre contemporaneo polacco?
“Il fatto che Cristo non si incontra in cielo, dopo la vita, ma qui e ora, ed è Bellezza. La divinità di Cristo si dimostra nella sua umanità eccezionale. Ed essi erano così simili a Gesù da rendere impossibile per tanti, e anche per me - e non perché e sia migliore, ma per grazia - non credere alla Sua salvezza”.

Il più grande lascito di Giovanni Paolo II è probabilmente quello relativo alla “nuova evangelizzazione”. Possiamo dire che a 20 anni di distanza questa sfida sia stata raccolta? O dobbiamo rassegnarci ad una secolarizzazione inarrestabile?
“La secolarizzazione non è inarrestabile, non credo al determinismo storico. Esiste la libertà ed esiste la grazia di Dio. Poi certo c’è pure il diavolo che ha tanti servitori. La partita è tutta da giocare. Ma Dio non fa mai mancare dei santi alla Chiesa e all’umanità. Dunque avanti nel combattimento”.

Come parlamentare Lei affronta spesso il drammatico tema della cristianofobia. Che provocazione lancia a noi cristiani ‘tiepidi’ della decadente Europa, la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente e in altre parti del mondo?
“La persecuzione contro i cristiani ci riguarda. Credo che molto presto sarà impossibile essere cristiani tiepidi, solo di facciata. Saremo chiamati a scelte gravi. Già oggi l’Europa si manifesta come luogo dell’emarginazione di Cristo e della fede dalla vita pubblica. Ci sono forze anticristiane potenti. Le vediamo all’opera nel tentativo di scardinare la famiglia, di impedire l’obiezione di coscienza in tema di aborto. E su questi temi siamo riusciti a porre un argine in Consiglio d’Europa. Ma la lotta è appena cominciata...”.

Quali differenze e quali analogie sussistono tra il martirio dei cristiani dell’Europa dell’Est durante il comunismo e quello dei cristiani afro-asiatici di oggi?
“All’Est la persecuzione era guidata dagli atei. Si voleva annientare la fede e qualsiasi riferimento a Dio. In Asia ed Africa la cosa è più pericolosa, perchè si uccide in nome (falsamente) di Dio. La risposta è quella che ci indicano i martiri. Rispondere con l’amore. Il nostro amore per loro deve esprimersi nel difenderli usando gli strumenti della politica e della democrazia, senza timidezze. Soprattutto seguendo il più possibile il Papa nella testimonianza e nella preghiera”.

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