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lunedì 14 febbraio 2011

“Caro dottore, ti dico grazie!”

di: Sabrina Pietrangeli Paluzzi - L'Ottimista

Non c’è solo la "malasanità": tanti medici sono veri e propri eroi sconosciuti che ogni giorno danno l’anima per salvare la vita dei loro piccoli pazienti

Se ne sentono di tutti i colori:  medici meravigliosi che vengono sbattuti fuori dai reparti, relegati ad attività che ridicolizzano la grande competenza acquisita negli anni, semplicemente perché non abbastanza bravi a corteggiare il nuovo primario, e sostituiti da personale poco competente a scapito dei pazienti…
Medici che fanno diagnosi prenatali mettendo tutto il loro credo abortista scritto nei referti, consigliando l’eliminazione del bambino persino quando gli manca un mignolo. Per non parlare di come trattano le donne che, nonostante le diagnosi terminali, rinunciano all’aborto: parole taglienti che tolgono dignità non solo al bambino in grembo, ma anche al genitore che chiede solo di fare il suo mestiere e cioè amare il proprio figlio. Mamme e papà che usano la denuncia come arma letale contro il medico, colpevole di non aver avvisato i neo-pretenziosi-genitori che al piccolo mancava semplicemente un’unghia. Altre coppie che pur sentendosi dire che il nascituro sarà un mostro, con il coraggio di andare avanti poi scoprono che mostro non è, e stavolta non denunciano, frettolosi di dimenticare in fretta l’increscioso incidente. Medici che si picchiano nelle sale parto, dinanzi ad una donna in travaglio avanzato, accusandosi di chissà cosa, sfogando chissà quali ingiustizie subite e quale stress lavorativo…
Insomma, sembra che l’assistenza medica relativa ad una gravidanza sia diventata qualcosa di talmente complicato da far passare la voglia di mettere in cantiere un figlio. E soprattutto, mancano le tipiche notizie da rovescio della medaglia, tanto da far pensare che il mondo vada tutto così.
Grazie al cielo, c’è un “ma”… fatto anche di notizie buone, e di una buona sanità al servizio chi ha avuto la fortuna di incappare in operatori sanitari onesti e amanti del proprio lavoro. Ce ne sono ancora, e tanti!  Abbiamo voluto allora dare spazio proprio a questi. Chiedendo ai fortunati neo-genitori di scrivere una lettera indirizzata ai dottori che si sono presi cura di loro e dei loro bambini, così come è giusto, e rigorosamente in forma anonima. E tanto per condividerle con voi, lettori ottimisti, le riportiamo qui di seguito.

- “Caro Dottore, c'è stata una volta in particolare in cui ti ho affidato la mia creatura, ben sapendo che o lo avresti guarito o sarebbe tornato in cielo. Non sapevo come sarebbe andata a finire, ma sapevo che era l'ultima spiaggia... "Salvalo, dottore, ancora una volta...".
E Dio è entrato nelle tue mani, nel tuo cuore, nella tua mente, ha santificato la tua laurea, i tuoi 25 anni di carriera (o forse più?), le tue infinite ore di lavoro, e tutto di te che poteva partecipare nuovamente del miracolo di un soffio di vita che ritorna, di un sangue che si purifica, di un farmaco che per ridarti la vita ti deve anche un po’ distruggere...
Solo qualche giorno dopo, il verdetto: sangue sterile! Quel veleno che si stava propagando, una setticemia da candida, era stato sconfitto. Il tuo viso ridente, gli occhi pieni di gioia e orgoglio professionale, e da tanto affetto mentre sventolavi quel foglio e dicevi "Tenga, lo metta in cornice", non li ho più dimenticati.
Avrei voluto abbracciarti, grata, felice, rinata, ma condividevo la stanza con un'altra mamma, e per te sarebbe stato poco professionale e sicuramente imbarazzante.
Quell'abbraccio mi manca ancora, mi mancherà sempre. Forse perché tutt'oggi non ho sufficienti parole per dirti: grazie. È stata l'ultima battaglia di mio figlio, quella più lunga, quella più dura, prima di conquistare un progressivo miglioramento, che tuttora prosegue nella stabilità del suo benessere. Grazie anche a Dio, perché si serve di te, del tuo ministero, della tua scienza, intelligenza, e perché ti ha dato un grande cuore. Prego per la tua famiglia, per i tuoi figli, per gli affetti tuoi più cari, perché Egli li custodisca, e perché nulla possa turbare il tuo genio e le tue capacità. Che nessun dolore possa mai toccarti”. Mamma A.

- “Rivolgo il mio pensiero a Voi, dottori, che avete considerato mio nipote un bambino vero, indipendentemente dal suo male e dal suo soffrire: ho visto le lacrime nei vostri occhi, ho udito parole d'amore e fede dalla vostra bocca; a Te mi rivolgo, dolce infermiera che sei stata accanto a me quando ho salutato il mio angelo, non dimenticherò mai più le tue parole: “Signora, suo nipote è già accanto a Dio; stia accanto a sua sorella perché il bambino è già tra le braccia della nostra Mamma Celeste”… ringrazio tutti voi. Che Dio vi benedica”. Zia C.

- “Cara dottoressa, quando arrivai da te ero distrutta, perché una tua collega mi aveva consigliato un aborto. Tu, senza negare il problema, captasti il mio desiderio di tentare, di dare una possibilità a mio figlio… Oggi che stringo il mio bambino sano tra le braccia, vorrei tanto che “l’altra” dottoressa potesse vederlo: penso che tutte le sue certezze sui feti da condannare, si sbriciolerebbero in un attimo!”. Mamma E.

- “Mi hai suscitato pena quando hai tirato un respiro di sollievo perché ti abbiamo detto che non volevamo abortire, dopo che ci avevi parlato di questa eventualità. Mi hai suscitato tenerezza quando ci hai detto con gli occhi intrisi di lacrime che siamo stati coraggiosi. Mi hai fatto davvero tanta tenerezza, perché deve essere triste lavorare in un ambiente dove si deve nascondere le proprie convinzioni sul creato”. Mamma V.

- “Quel tuo camice verde da sala operatoria, madido di sudore… Quei tuoi piedi scalzi, privi dei soliti zoccoli verdi con i quali ti vedevo ogni giorno percorrere con passo tranquillo la corsia del reparto... Devo a te e alla tua équipe la vita di mio figlio; dopo tre anni e mezzo di sofferenza, quel giorno di febbraio, rappresenta ancora una seconda nascita”. Mamma S.

A questi professionisti della Vita, diciamo il nostro “grazie” e li incoraggiamo ad andare avanti, anche se è difficile, anche se è un mondo duro persino per loro. Anche se sembra loro di fare troppo poco e per troppe poche persone. C’è tutto un mondo, fatto di gente vera, che la pensa come voi, che ha bisogno di voi!

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