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sabato 19 marzo 2011

Lettera al mio papà

di: Sabrina Pietrangeli Paluzzi - L'Ottimista

“Per te il regalo più grande è quello della mia vita”

Caro papà,
come trovare le parole per dirti quanto ti voglio bene? Quando fui concepito, fu per amore. Tra i tanti semini che correvano per accaparrarsi il diritto di primogenitura nel misterioso ovulo della mamma, io sono arrivato primo. Vi ho voluti fortemente, ho fortemente voluto te come padre.

Le tue carezze sul pancione di mamma le ho sentite ogni giorno, piene di amore. E quante preghiere recitavi con la tua manona, quando sapesti della mia malformazione, della mia imminente morte nel grembo. Quanta determinazione nel dire “di aborto non se ne parla neanche. È nostro figlio”, quando i dottori ti prospettarono la cosa. E quanta forza hai dato alla mia mamma, per accompagnarmi lungo il percorso, giorno dopo giorno. Quanti rosari sgranati, quanta fiducia che Dio potesse davvero donarmi la vita, se solo lo avesse voluto. Quanta gioia quando, a dispetto delle funeste previsioni, la mia situazione cambiò. Le tue preghiere sono state e tuttora restano: “Grazie, Signore, di avermi restituito mio figlio”.
La fiducia di andare avanti, nonostante sapevi bene che ero un uovo di Pasqua: apparentemente incartato con colori brillanti e fiocconi pendenti, ma dentro… come ero? Avrei potuto fare le cose degli altri bambini? 

Mi avresti portato a giocare a pallone? Mi avresti sentito parlare, visto correre? Non ti importava nulla: “Ti amo, figlio mio”, era il leit motiv dell’attesa.
Il giorno della mia nascita, eri fuori a pregare con i tuoi amici. Quando mi hai visto nell’incubatrice, le tue lacrime hanno bagnato l’obiettivo della cinepresa con la quale cercavi di rubare i primi momenti di vita per mostrarli alla mamma e alle sorelline. Avevo quattro giorni, quando potesti toccarmi e prendermi tra le tue braccia per la prima volta.
Papà, sei stato con me ad ogni progresso, ad ogni intervento chirurgico. I tuoi messaggi di speranza aiutavano la mamma, e le hanno permesso di resistere quei sette mesi di continuo ricovero ed incertezze.
La prima volta che ho gattonato, la tua faccia è diventata come quella dei bambini dinanzi ai regali di Babbo Natale… e quando ho camminato, anche tu hai pianto come la mamma.
Caro papà, oggi sei disoccupato da un anno. L’incertezza è tanta, eppure in casa si sorride e si scherza. Ad ogni pasto arriva il tuo ringraziamento a Dio Provvidenza; non ti devi preoccupare, perché se dovessi dimenticarti di pregare, te lo ricorderei io.
Oggi sono il tuo bambinetto di 8 anni; sono orgoglioso di somigliarti tanto: ho fiducia nella vita, so sorridere e dalle mie debolezze traggo insegnamento.
L’altro giorno mi hai mostrato la tua foto di scuola elementare… per prendermi in giro, mi hai detto: “ma che ci fai in questa foto?!”. L’ho guardata, e ho risposto: “In questa foto c’è uno identico a me, ma non sono io”. Eri tu. Ti somiglio davvero tanto, papà mio, e ne sono orgoglioso, perché tu per me se il riflesso dell’amore di Dio.
Il tuo amato figlio, Giona

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