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sabato 21 gennaio 2012

El sentido del humor está ligado a la inteligencia

da: El Universal

Estudios indican que quienes ríen de su propia condición, anticipándose a los demás, socializan mejor

El acto de reír es una buena herramienta para aumentar la autoestima y contribuye a mantener la salud física y mental, las personas con índices de inteligencia más altos suelen tener mejor sentido del humor, según un estudio hecho por investigadores de la Universidad de Nuevo México. Otrosestudios indican que quienes ríen de su propia condición, anticipándose a la risa de los demás, socializan mejor.
La risa, esa característica humana que ha estado presente en todas las épocas y culturas, no sólo es una de las aliadas más grandes de la salud física y mental; a quien es dueño de una risa genuina se le atribuyen, también, rasgos que llegan a ser deseados por muchos.
Reír es un acto ligado al sentido del humor y a la capacidad de mantenerlo, incluso en la adversidad. En un trabajo publicado en Evolutionary Psychology se investigó qué tipo de sentido del humor resultaba más atractivo a la gente, y encontraron una inesperada conclusión: a las mujeres, especialmente, les resultan muy atractivos los hombres que se ríen de sí mismos.
Claro está que como la sociedad actual pondera la seriedad, no es raro que la gente tema que darle rienda suelta a su sentido del humor sea juzgado de manera negativa. De acuerdo con la psiquiatra Olga Albornoz, eso explica el hecho de que la gente sienta temor a hacer el ridículo. El miedo a ser blanco de burlas o a hacer algo inconveniente delante de los demás les gana a muchas personas, así que prefieren cohibirse, dice.
En eso coincide el psiquiatra Rodrigo Córdoba, que asegura que quien teme a quedar mal ante los demás renuncia a ser fiel a sí mismo y autocensura las iniciativas que le vienen de adentro: El problema es que termina viendo con amargura cómo muchas palabras, acciones o ideas que se abstiene de expresar, sí son manifestadas abiertamente por otros.
Ambos especialistas consideran que el humor sano, en el que la persona se convierte en su propio protagonista, es una gran herramienta para fortalecer la autoestima.

Le lettere dell'opportunista Voltaire

da: Corriere della Sera
Gli valsero un contributo «reale» di 200 sterline

MILANO - Un professore di Oxford ha scoperto alcune lettere di Voltaire (il cui vero nome era François-Marie Arouet) che rivelano come questo personaggio simbolo della letteratura e della filosofia francese fosse riuscito con scaltrezza ad ottenere una donazione di 200 sterline dalla famiglia reale britannica. Nicholas Cronk, questo il nome dello studioso, ha scoperto che durante un soggiorno di due anni in Inghilterra agli inizi della sua carriera, Voltaire si comportò come «un grande opportunista» e, anglicizzando il suo nome in «Francis», strinse amicizia con alcuni dei più grandi intellettuali del Regno le cui idee poi utilizzò nei propri scritti.
COLLEZIONE DI SCRITTI - Cronk è il direttore della Voltaire's Foundation, un ente che entro il 2018 mira a completare una collezione di tutti gli scritti di Voltaire, lettere incluse. Le 14 nuove missive oggetto dei recenti studi provengono da alcune biblioteche negli Usa e gettano luce sugli anni che Voltaire trascorse in Inghilterra dopo il 1720. «Voltaire arrivò in Inghilterra come un poeta relativamente sconosciuto, con solo una raccomandazione dell'ambasciatore britannico a Parigi e farsi dunque le amicizie aristocratiche che si fece dimostra come fosse un brillante arrampicatore sociale», ha detto Cronk.
POESIE PER LA REGINA - La donazione della famiglia reale, che servì a lanciare la sua carriera di intellettuale, è molto probabilmente un ringraziamento a Voltaire per aver dedicato una delle sue poesie alla futura regina Carolina. Cronk conclude: «L'offerta a Voltaire probabilmente giunse su richiesta della regina Carolina, una patrona delle arti, cosa che conferma quanto Voltaire si fosse integrato nell'aristocrazia inglese in tempi così brevi».

Cancro al seno, se la donna è giovane la qualità della vita si abbassa

da: Vita di Donna


Il tasso di sopravvivenza per chi contrae i carcinoma mammario è in aumento, ciononostante tra le pazienti più giovani, rispetto a quelle adulte, la qualità della vita si abbassa e lo stato psicologico peggiora.

A rilevarlo è uno studio condotto University of California, pubblicato dalJournal of National Cancer Institute.

Certo, contrarre un cancro non mette di buon umore, ma secondo gli studiosi sono le donne più giovani ad accusarne maggiormente le conseguenze. Aumentano di peso, fanno meno sport e rischiano maggiormente una condizione di sterilità e una menopausa precoce.

Patricia Ganz - che dirige il dipartimento di Prevenzione Ricerca di Controllo del Cancro presso il Jonsson Comprehensive Cancer Centre della University of California a Los Angeles - se ne è occupata prendendo in esame tutti gli studi pubblicati negli ultimi 20 anni (1990-2010) per indagare sulla qualità della vita, sulle condizioni psichiche, sociali e di salute delle donne che hanno vinto la battaglia contro il cancro al seno.

Raffrontando le condizioni delle giovani con quelle delle più anziane la Ganz ha potuto constatare che le prime risultano più soggette a gravi patologie mentali e fisiche.

Nel corso della loro storia clinica le più giovani hanno infatti sofferto maggiormente di depressione rispetto alle donne over 50 anni che hanno condiviso con loro la stessa malattia, ma anche rispetto alle coetanee che il cancro non l'hanno avuto.

Nella casistica rilevata i problemi più frequenti sono stati la sterilità e i sintomi di una menopausa precoce. Secondo la Ganz la soluzione potrebbe risiedere nel mettere a punto un trattamento specifico per la cura del cancro al seno nelle giovani donne.

AGGIORNAMENTO DEL 21/1/2012 - 10,50
Il cancro al seno colpisce una donna su dieci (dati AIRC). E' il tumore che più frequentemente si riscontra nel sesso femminile con una incidenza pari al 25% di tutti tumori contratti dalle donne. Nell'80% dei casi colpisce le donne over 50 anni.

Addio alla mitica Etta James. Leggenda della musica

da: Libero

La cantante, che avrebbe compiuto 74 anni il 25 gennaio, è stata stroncata dalla leucemia: aveva dato un segno ai suoni del mondo

Con Etta James se ne va una leggenda, una delle voci che hanno contribuito a scrivere la storia della musica nera. L'ha uccisa a 73 anni la leucemia. Con la sua musica, la mitica blues singer è riuscita a dare un segno decisivo ai suoni del mondo. Sperava nella rielezione di Obama, appoggiava e sosteneva il movimento degli Indignati d'America, e non ha nessuna intenzione di andare in pensione. Ma alla fine la resa alla malattia, un terribile mix di demenza senile e diabete, e un pezzo si storia che se ne va. 

La cantante si è spenta al Riverside Community Hospital, con al fianco il marito e i figli. "E' una tremenda perdita per i suoi fan in tutto il mondo. Mancherà. È stata una grande cantante americana. La sua musica ha sfidato ogni categoria", ha commentato il manager. Nata a Los Angeles nel 1938, la James era l'incarnazione di un soul raffinato, anche se la sua vita è stata tutt'altro che tranquilla. "Le cattive ragazze hanno l'aspetto che mi piace", aveva scritto nella sua autobiografia 'Rage to Survive' ('Rabbia per sopravvivere'), uscita nel 1995, dove continuava: "Volevo essere rara, volevo essere notata, volevo essere esotica come una corista del Cotton Club, e volevo essere evidente come la prostituta più sgargiante della strada. Volevo solo essere". Il suo spirito non poteva essere contenuto, e forse era anche questo a rendere la sua musica così magnetica.

Vincitrice di quattro Grammy Award e di 17 Blues Music Awards, è stata inserita nella Rock & Roll Hall of Fame nel 1993, nella Blues Hall of Fame nel 2001 e nella Grammy Hall of Fame sia nel 1999 che nel 2008. Affetta da tempo da problemi di peso, alcuni anni fa si sottopose a un intervento che le permise di perdere 90 chili. La sua salute era debilitata da anni e a ottobre scorso aveva annunciato il ritiro dalle scene e dalle registrazioni in studio.
Avrebbe compiuto 74 anni il 25 gennaio.