Recentemente su “Neurorehabilitation and Neural Repair”, organo ufficiale della Federazione mondiale di Neuroriabilitazione, è apparso uno studio italiano che ha avuto un rilievo importante data la non consuetudine di pubblicare un caso quando è ancora singolo.
Si tratta di un fatto incredibile: un paziente da cinque anni in “stato vegetativo“, considerato “perso” ed “irrecuperabile”, che poi all’improvviso dimostra la capacità di eseguire un ordine complesso quale «prendi il bicchiere, portalo alla bocca e poi restituiscilo nelle mani del medico». E’ il frutto di un esperimento condotto in collaborazione tra l’Irccs Fondazione Ospedale San Camillo di Venezia, l’Università di Padova e quella di Verona.
Il professor Leontino Battistin, direttore scientifico dell’Irccs veneziano e della Clinica neurologica padovana, con alle spalle tre lustri nella rianimazione di Padova, esperto di stati vegetativi, racconta: «Era un paziente di 70 anni, in stato vegetativo da 5 a causa di una grave emorragia cerebrale. Poche speranze di successo, insomma. E’ un termine che alla comunità scientifica piace sempre meno, preferiamo definirli tutti “stati di minima coscienza”, perché anche nei cosiddetti ultragravi o persistenti la percezione del dolore c’è sempre, con una partecipazione emozionale al dolore stesso». I medici hanno così tentato un risveglio attraverso una tecnica non invasiva, cioè «stimolando il cervello da fuori, appoggiando gli elettrodi sulla testa del paziente. Questi creano un campo magnetico, che si trasforma in campo elettrico. Dopo 10 minuti di trattamento gli abbiamo impartito l’ordine e lui, sotto i nostri occhi e quelli dei familiari, ha obbedito». Ha risposto per sei ore ogni volta che gli è stato chiesto e la sua attività elettrica (il cervello “parla” con l’attività elettrica) è notevolmente aumentata, riattivando l’elettroencefalogramma. Il risultato è stato identico anche durante i tentativi svolti la settimana successiva.
Oggi si sta procedendo in questo modo su altri altri trenta casi, continua Battistin. Si è comunque fiduciosi: «se un uomo di 70 anni e con una gravissima emorragia cerebrale ha risposto così, pazienti di 30 anni e colpiti da patologie traumatiche anziché emorragiche dovrebbero dare risposte ancora più positive». Lo specialista conclude dando una sua interessante opinione scientifica: «la mia “mission” di medico mi fa da sempre difendere la vita, e decenni di esperienza mi dicono che il “triangolo” paziente, medico, famiglia è il fondamento necessario e sufficiente per non cadere né nell’abbandono né nell’accanimento terapeutico. Insomma, non sarebbe necessaria una legge, se l’Italia non fosse il Paese delle aberrazioni, dove dei magistrati possono dire che alimentazione e idratazione sono farmaci e sentenziare per la morte di un disabile».
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