Un altro tassello si aggiunge al panorama già drammatico della discriminazione sessuale in India. Da tempo si rincorrevano voci e rapporti su una soluzione di tipo chirurgico per trasformare femmine non volute nel "desiderato" maschio. Ora la prova arriva dalle indagini di alcuni media indiani e dalle prime reazioni della società civile.
La Commissione nazionale indiana per la protezione dei diritti dei minori ha ordinato al governo dello Stato del Madhya Pradesh di investigare sulla possibilità che 300 bambine tra uno e cinque anni d’età siano state sottoposte alla chirurgia per modificarne il sesso, su commissione dei genitori, disposti a pagare fino all’equivalente di 3.200 dollari per ogni intervento.
A rappresentare "l’ultima frontiera" della preferenza endemica degli indiani per i figli maschi è ora una modifica radicale dell’apparato genitale (genitoplastica) a cui sono eventualmente associati trattamenti ormonali. Pratiche che coinvolgono famiglie benestanti provenienti da ogni parte del paese ma che, almeno per quanto individuato finora, hanno come teatro la grande città di Indore. Qui, con la compiacenza di strutture ospedaliere e di specialisti senza scrupoli, i genitori possono accedere a pratiche che ritengono meno traumatiche di un aborto o delle soppressione della neonata o, almeno, così le giustificano, che dia loro il maschio desiderato.
Sul fenomeno, anche il prestigioso quotidiano Hindustan Times ha lanciato un’inchiesta che ha dato altri risultati sconcertanti, come pure nuovo materiale utile a un’azione degli investigatori.
Colpiti e indignati gli attivisti della società civile che hanno espresso «avversione» per una pratica «che si fa beffe delle donne dell’India». «Un segno di crescente follia sociale» è stata definita da Ranjana Kumari, responsabile del Centro per le ricerche sociali, tra le istituzioni più attente e attive riguardo alla discriminazione femminile.
Le polemiche e l’indignazione stanno trovando ampio spazio sui social network, uno strumento usato anche dalla scrittrice Taslima Nasreen, cittadina del Bangladesh, ma rifugiata in India per sfuggire alle minacce dei radicali islamici. In un suo post su Twitter, ha definito quanto sta emegendo a Indore «scioccante», aggiungendo che la pratica di trasformare chirurgicamente le piccole femmine in maschi senza il loro consenso segue quella dell’aborto selettivo ed è altrettanto condannabile, ma al momento non è come quella sanzionata dal diritto.
La conferma è venuta proprio da uno dei chirurghi che a Indore praticano la genitoplastica nei casi specificamente ammessi dalla legge, il dottor Brijesh Lahoti: «In India non ci sono problemi per queste operazioni in quanto richiedono solo il consenso dei genitori e una loro dichiarazione», ha detto all’Hindustan Times. La maggior parte dei medici finora individuati ha confessato di avere praticato soltanto «interventi correttivi» su bambine nate con anomalie ai genitali, ma gli attivisti per i diritti civili, in particolare per la difesa della donna, contrattaccano sostenendo che le cartelle cliniche sono state modificate in modo da non fare emergere la reale portata degli interventi.
Quella che per molti è vista già ora come una crescente minaccia alla sicurezza delle bambine, non più garantite nemmeno dopo la nascita, se sopravvivono allo screening prenatale e all’aborto preventivo, per i genitori coinvolti è soprattutto una questione di scelta loro, senza conseguenze.
Come ha dichiarato una coppia, genitori di una bimba di due anni, il figlio nato femmina «non dovrebbe essere confusa rispetto alla sua appartenenza sessuale perché quando sarà cresciuto potrà vivere una vita normale, senza alcun ricordo dell’intervento».
Un’illusione, in cui forse alcuni possono credere per convenienza o per ignoranza. Secondo il presidente dell’Accademia indiana dei pediatri, il dottor V.P. Goswamy, infatti, questi interventi chirurgici lasciano in eredità all’adulto, nei migliori dei casi, impotenza o infertilità. «La genitoplastica è possibile su una bambina o un bambino normali, ma sapendo che successivamente gli organi tenderanno a non svilupparsi per la mancanza di ormoni e questo avrà conseguenze gravi. Quelli di cui siamo ora a conoscenza – ha proseguito Goswamy nella testimonianza al quotidiano The Telegraph di Calcutta – sono casi sconvolenti, che richiedono da parte nostra indagini e interventi appropriati».
La Commissione nazionale indiana per la protezione dei diritti dei minori ha ordinato al governo dello Stato del Madhya Pradesh di investigare sulla possibilità che 300 bambine tra uno e cinque anni d’età siano state sottoposte alla chirurgia per modificarne il sesso, su commissione dei genitori, disposti a pagare fino all’equivalente di 3.200 dollari per ogni intervento.
A rappresentare "l’ultima frontiera" della preferenza endemica degli indiani per i figli maschi è ora una modifica radicale dell’apparato genitale (genitoplastica) a cui sono eventualmente associati trattamenti ormonali. Pratiche che coinvolgono famiglie benestanti provenienti da ogni parte del paese ma che, almeno per quanto individuato finora, hanno come teatro la grande città di Indore. Qui, con la compiacenza di strutture ospedaliere e di specialisti senza scrupoli, i genitori possono accedere a pratiche che ritengono meno traumatiche di un aborto o delle soppressione della neonata o, almeno, così le giustificano, che dia loro il maschio desiderato.
Sul fenomeno, anche il prestigioso quotidiano Hindustan Times ha lanciato un’inchiesta che ha dato altri risultati sconcertanti, come pure nuovo materiale utile a un’azione degli investigatori.
Colpiti e indignati gli attivisti della società civile che hanno espresso «avversione» per una pratica «che si fa beffe delle donne dell’India». «Un segno di crescente follia sociale» è stata definita da Ranjana Kumari, responsabile del Centro per le ricerche sociali, tra le istituzioni più attente e attive riguardo alla discriminazione femminile.
Le polemiche e l’indignazione stanno trovando ampio spazio sui social network, uno strumento usato anche dalla scrittrice Taslima Nasreen, cittadina del Bangladesh, ma rifugiata in India per sfuggire alle minacce dei radicali islamici. In un suo post su Twitter, ha definito quanto sta emegendo a Indore «scioccante», aggiungendo che la pratica di trasformare chirurgicamente le piccole femmine in maschi senza il loro consenso segue quella dell’aborto selettivo ed è altrettanto condannabile, ma al momento non è come quella sanzionata dal diritto.
La conferma è venuta proprio da uno dei chirurghi che a Indore praticano la genitoplastica nei casi specificamente ammessi dalla legge, il dottor Brijesh Lahoti: «In India non ci sono problemi per queste operazioni in quanto richiedono solo il consenso dei genitori e una loro dichiarazione», ha detto all’Hindustan Times. La maggior parte dei medici finora individuati ha confessato di avere praticato soltanto «interventi correttivi» su bambine nate con anomalie ai genitali, ma gli attivisti per i diritti civili, in particolare per la difesa della donna, contrattaccano sostenendo che le cartelle cliniche sono state modificate in modo da non fare emergere la reale portata degli interventi.
Quella che per molti è vista già ora come una crescente minaccia alla sicurezza delle bambine, non più garantite nemmeno dopo la nascita, se sopravvivono allo screening prenatale e all’aborto preventivo, per i genitori coinvolti è soprattutto una questione di scelta loro, senza conseguenze.
Come ha dichiarato una coppia, genitori di una bimba di due anni, il figlio nato femmina «non dovrebbe essere confusa rispetto alla sua appartenenza sessuale perché quando sarà cresciuto potrà vivere una vita normale, senza alcun ricordo dell’intervento».
Un’illusione, in cui forse alcuni possono credere per convenienza o per ignoranza. Secondo il presidente dell’Accademia indiana dei pediatri, il dottor V.P. Goswamy, infatti, questi interventi chirurgici lasciano in eredità all’adulto, nei migliori dei casi, impotenza o infertilità. «La genitoplastica è possibile su una bambina o un bambino normali, ma sapendo che successivamente gli organi tenderanno a non svilupparsi per la mancanza di ormoni e questo avrà conseguenze gravi. Quelli di cui siamo ora a conoscenza – ha proseguito Goswamy nella testimonianza al quotidiano The Telegraph di Calcutta – sono casi sconvolenti, che richiedono da parte nostra indagini e interventi appropriati».
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