26/07/2011 - A Oslo, in un Paese dal "sistema perfetto", «si è inceppato l'uomo». Padre Aldo Trento dalle colonne del Foglio commenta la tragedia: «Ci vuole l'incontro con qualcuno per cui il cuore è fatto, per riprendere in mano la vita»
Oslo, la manifestazione in memoria delle vittime.
Mentre tutti sono in vacanza sognando di vincere lo stress di una vita sempre meno vita perché perfino il desiderio, come diceva mesi fa una statistica del Censis, sembra essersi spento nel cuore degli italiani, ci arriva dalla Norvegia la terribile notizia di due attentati con un centinaio di morti. Che schiaffo per tutti! Proprio dalla Norvegia, uno dei paesi più “perfetti” del mondo, dove l’onestà e l’organizzazione sociale sono additate come esempio, è accaduto un fatto che ha sconvolto tutti. Lo sgomento è grande come il dolore per le vittime e le loro famiglie, eppure non possiamo fermarci qui, non possiamo non cercare di capire che cosa si è inceppato in questa macchina “perfetta”.
Che cosa si è inceppato? L’uomo. Il cuore dell’uomo è sempre più stanco dei continui imbrogli cui è sottoposto da un potere dominante che, avendo eliminato Dio (o avendolo ridotto a un’ideologia) è riuscito ad anestetizzare l’uomo facendogli credere che la sua vita dipenda dal potere stesso. Ma quest’operazione, che Luigi Giussani definiva come “effetto Chernobyl”, non poteva e non potrà durare a lungo, perché non ci sarà potere al mondo che possa addormentare fino a ucciderlo il cuore dell’uomo. Anche se in Norvegia, come in ogni parte del mondo, il potere potrà far credere ai suoi concittadini che se vivono è grazie a esso e i cittadini potranno anche esserne grati. Una volta anestetizzati, quest’operazione che pretende di cambiare la genetica umana, non può durare per molto tempo, perché dentro ognuno di noi c’è un Icaro che non sopporta di rimanere impigliato in una gabbia che gli impedisce di volare.
L’uomo, il cuore dell’uomo, è fatto per volare. Perciò o questa esigenza incontra la sua libertà o si trasforma in follia. Non si può arginare quella sete e fame di felicità, di amore, di bellezza, di verità, di giustizia che costituiscono il tessuto del cuore umano. Uno potrà maledire questi battiti, ma non potrà non farci i conti. E se il potere dimentica questa verità, per quanto perfetti siano i suoi sistemi, e anche se l’uomo stesso si dimentica, arriva inevitabilmente il momento della follia e le conseguenze sono state visibili a Oslo. Una follia che può avere come origine anche un cristianesimo ridotto a ideologia. Quando uno non ha incontrato la presenza di Cristo come un fatto che risponde pienamente alle esigenze della ragione e del cuore umano, ma un’idea o un’ispirazione che usa di Cristo, è inevitabile la censura della ragione da cui derivano fanatismo e violenza. Quanti orrori si sono compiuti usando il nome di Cristo, dove Cristo in tutto questo non c’entra niente! Il cristianesimo è un avvenimento verificabile nella sua profonda ragionevolezza solo dentro la realtà vissuta interamente. Cristo ha bisogno dell’uomo nella sua interezza, e l’uomo ha bisogno di Cristo.
Allora di fronte a questa tragedia è urgente, affinché questi fratelli non siano morti invano, prendere sul serio il nostro cuore con i suoi desideri ben espressi nel Salmo 62: «Oh Dio, Tu sei il mio Dio, per te io mi sveglio all’alba, la mia anima ha sete di te, la mia carne ha ansia di te, come terra secca, piena di crepe senza acqua». O come ci ricorda Giuseppe Ungaretti: «Chiuso fra cose mortali (anche il cielo pieno di stelle finirà), perché bramo Dio?». L’uomo è relazione con l’eterno, è relazione con l’Infinito, e se il mio cuore non incontra questo Tu per cui è fatto, non ci sarà sistema sociale, per quanto perfetto sia, che potrà impedirgli la pazzia e tutto ciò che consegue. Se Dio non esiste o è ridotto a un idolo, a ideologia, tutto è possibile. Ma che Dio esiste è il cuore a dircelo! È il cuore che grida: voglio l’Infinito. Il potere moderno nasce prescindendo da Dio, nasce pretendendo di essere lui Dio, di essere lui ciò di cui il cuore ha bisogno, e allora è inevitabile che arrivino questi tsunami che ci fanno tremare. Non bastano i valori per vivere, e ancora meno la pretesa di essere onesti, come da decenni anche nella Chiesa ci ripetiamo. Ci vuole una marcia in più, ci vuole un incontro con qualcuno per cui il cuore è fatto, per riprendere in mano la vita. Ci vuole che riaccada adesso, in piena estate, mentre tutti sono sdraiati come polli senza piume sulle spiagge o come cerbiatti camminando in montagna, quanto è accaduto a Giovanni e Andrea, a Zaccheo, alla Maddalena. Ci vuole l’incontro con quello sguardo in cui il Mistero, ciò di cui è fatto il cuore, si è fatto carne. Ci vuole che lo sguardo di Cristo incroci il nostro. Quello sguardo che ci rende consapevoli che prima della follia c’è il perdono, c’è la misericordia.
È ciò che è accaduto a me quando l’illusione del potere nella sua espressione ideologica mi stava mangiando il cervello, convinto com’ero che Cristo non fosse sufficiente per liberare l’uomo dalla sua follia, e che continua ad accadermi riempiendomi di letizia ogni giorno. La tragedia accaduta in Norvegia interpella la responsabilità che abbiamo come cristiani dentro il mondo. La nostra esperienza di Cristo è il riaccadere di quanto è accaduto a Giovanni e Andrea o è un insieme di valori, una morale, incapace di resistere alle sfide che ci pone il mondo moderno? Chi ci guarda in questi giorni, osservando il nostro volto è affascinato per la bellezza di uno sguardo in cui è evidente la tenerezza di Cristo?
Al fanatismo religioso si può rispondere solo mostrando nella vita quotidiana la ragionevolezza della nostra fede. Non c’è niente di più blasfemo che definire il cristianesimo di destra o di sinistra. II cristianesimo è solo Cristo, cioè uomo. Essere cristiano non è aggiungere un aggettivo alla parola “uomo”, ma è il nome proprio dell’uomo, direbbe Giussani, di quel livello della natura in cui la natura prende coscienza di sé.
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