Pubblicarle, vietarle, cancellarle, non farle. Ecco tutto quello che hanno detto e che abbiamo scritto sulla riservatezza delle comunicazioni
"Il problema c'è. Come procedere sarà un elemento di riflessione. Lo scandalo è la pubblicazione di intercettazioni che attendono per lo più alla vita politica e privata di singoli individui. E' un gioco al massacro che va fermato". Sono le parole che il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, ha detto dopo che il caso del deputato del Pdl, Alfonso Papa, coinvolto nell'inchiesta "P4", ha fatto tornare centrale il tema delle intercettazioni. Anche il ministro degli Esteri, Franco Frattini, oggi ha manifestato la sua contrarietà alla pubblicazione indifferenziata di materiale non rilevante ai fini penali: "La pubblicazione di conversazioni politiche, perché di questo si trattava, è assolutamente indegno e illegale". Anche Giuliano Ferrara, in un editoriale sul Giornale domenica scorsa, si è chiesto: "Il processo di piazza alla politica è fatto senza neanche un reato. Perché nessuno si indigna?".
Il Foglio si era occupato del problema delle intercettazioni lo scorso anno, quando i grandi giornali di informazione conducevano una battaglia contro la legge – presentata dalla maggioranza al governo – di regolamentazione sugli ascolti e sulle loro pubblicazioni. In particolare, con un post-it ricordava ai lettori gli articoli che secondo Repubblica non si sarebbero potuti scrivere se fosse stata in vigore la "legge bavaglio". Il direttore, Giuliano Ferrara, aveva detto la sua in un editoriale, chiedendosi: "Chi vi dice, cari colleghi, che l’eliminazione di quegli articoli sia un danno alla libertà e al giornalismo libero?".
E' esattamente quello che ha ricordato oggi il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, parlando delle centinaia di pagine di intercettazioni pubblicate in conseguenza del caso Bisignani e alla presunta loggia "P4". Alfano ha detto: "Tutte le intercettazioni che leggiamo oggi sui giornali, oltre a non essere penalmente rilevanti, non sono gratis. Il debito accertato nei confronti delle ditte e degli operatori telefonici è di un miliardo di euro".
Da una piccola inchiesta condotta dal Foglio su come funziona il sistema delle intercettazioni nel mondo era emerso, lo scorso anno, che l'Italia "è il paese più intercettato del mondo”, con 76 intercettazioni ogni 100.000 abitanti". Inoltre, i colleghi stranieri, "messi alle strette", avevano ammesso che all'estero la pubblicazione delle telefonate altrui è normata molto, molto diversamente. In una lettera Luigi Amicone ci ricordava come anche il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, prima di cavalcare l'onda di sputtanopoli fosse contrario all'uso indiscriminato delle intercettazioni.
Il principio liberale e costituzionale della riservatezza delle comunicazioni, perno della privacy, era stato oggetto di un appello fogliante, al quale avevano aderito molti intellettuali e politici. Poi Marina Valensise ci aveva raccontato la nascita di quel principio bistrattato: a Boston, nel 1890. Come scriveva Ferrara nel 2008, "la privacy è una zona di rispetto che circonda l’individuo e lo garantisce da ogni forma di indebita intrusione esterna. Senza privacy una società libera non esiste".
Anche il presidente dell'Autorità Garante della Privacy, Francesco Pizzetti, nella sua relazione annuale di questa mattina, ha toccato il tema delle intercettazioni e dei media: "Molto di più può essere fatto in Italia per dare autorevolezza alla libertà di stampa, alla giustizia e alla politica. Sono necessarie però alcune condizioni di fondo. La prima che i giudici esercitino il loro ruolo sempre e solo nei processi. La seconda che anche per le persone pubbliche abbiano la garanzia di processi in tempi ragionevoli e compatibili con le esigenze di giustizia, e allo stesso tempo accettino di rendere conto dei loro comportamenti ai cittadini e agli elettori nel dibattito pubblico. La terza, che gli operatori dell'informazione rispettino rigorosamente le responsabilità e i principi della loro professione".
D'accordo anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini: "Siamo solo all'inizio di un cambiamento epocale di cui è difficile comprendere fino in fondo tutte le possibili implicazioni, è necessario prendere atto che il concetto di privacy, così come è stato concepito in passato, non esiste più. E' soprattutto il difficile adeguamento del passaggio dalla carta al Web che costringe a interrogarci su quali debbano essere i limiti alla libertà di immettere, nel circuito globalizzato di internet, dati sensibili che non rivestono carattere di urgenza e di indifferibilità".
D'accordo anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini: "Siamo solo all'inizio di un cambiamento epocale di cui è difficile comprendere fino in fondo tutte le possibili implicazioni, è necessario prendere atto che il concetto di privacy, così come è stato concepito in passato, non esiste più. E' soprattutto il difficile adeguamento del passaggio dalla carta al Web che costringe a interrogarci su quali debbano essere i limiti alla libertà di immettere, nel circuito globalizzato di internet, dati sensibili che non rivestono carattere di urgenza e di indifferibilità".
Leggi La P4, il caso Bisignani e il "retroscenismo verbalizzato" da Cerazade - Leggi Intercettazioni, tutto come un anno fa dal blog Cambi di stagione
Nessun commento:
Posta un commento