Il tema del lavoro è centrale e sentito da tutti. Lo dimostrano le dichiarazioni dei politici, le recenti manifestazioni e i tanti dibattiti televisivi. Il lavoro non è però una cosa che qualcuno può detenere o consegnare: è piuttosto il risultato di una serie di condizioni economiche, giuridiche, sociali, fiscali, politiche, ma anche e soprattutto personali.
Nessuna di queste condizioni è però da sola sufficiente per scatenare “l’effetto lavoro”. Ciò che produce il lavoro è l’interazione dei fattori in un sistema complesso.
Ebbene questi fattori, fin dalla prima crisi petrolifera degli anni settanta, sono andati cambiando profondamente.
Il felice sistema industriale caratterizzato dalla continuità delle produzioni, dalla loro relativa stabilità nel tempo, da una domanda crescente e vivace e dall’assenza di competizione da parte di grandi ma arretrati paesi, non esiste più.
In particolare, l’economia è diventata produttrice di beni immateriali più che materiali e la competizione ha accelerato enormemente l’obsolescenza dei prodotti e il ritmo di erosione della redditività.
Se questi fenomeni producono da una parte discontinuità nel lavoro, dall’altra offrono opportunità a coloro che possiedono spirito di iniziativa. Se il lavoro non possiamo chiederlo, lo dobbiamo allora inventare?
L’economia dei servizi non obbliga ad immobilizzare denaro, non ha bisogno di strumenti diversi dal telefono, da internet e da un computer, non richiede in pratica investimenti. Quello che invece richiede è buone idee e spirito di intraprendenza. Ecco perché un’alternativa per i giovani, e ce ne sono per fortuna parecchi, può essere quella di guardare dentro di sé in cosa sono bravi, di domandarsi su come questa bravura possa essere utile agli altri e se esista una sintesi (l’idea di business) tra queste due cose. Occorrerà poi trovare qualche amico disposto a percorrere con loro questa strada e forse anche qualcuno, con esperienza di impresa, in grado di evitare qualche errore iniziale. Dobbiamo sperare che siano molti i giovani che vedono in iniziative proprie il proprio lavoro più che chiederlo a gran voce. La volontà di intraprendere e l’ottimismo dei giovani che si buttano nella mischia è la vera spinta verso lo sviluppo. A costoro dovremmo rivolgere lo sguardo e non solo, domandandoci cosa potremmo fare per aiutarli.
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