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sabato 22 ottobre 2011

Morto Gheddafi la guerra continua

da: La Bussola Quotidiana - di Gianandrea Gaiani


A quanto pare erano tutti a Sirte: Gheddafi, i suoi figli Mutassim e Saif al-Islam, gli ultimi ministri rimasti fedeli al regime e i combattenti più determinati. Nonostante molti esponenti del Consiglio Nazionale di Transizione e i servizi d'intelligence occidentali (anche italiani) fossero convinti che Muammar Gheddafi si fosse rifugiato tra i tuareg, nel deserto meridionale ai confini col Niger, il raìs e i suoi erano rimasti a Sirte, sua città natale e terra della sua tribù, dove hanno combattuto l'ultima
battaglia. Al di là delle versioni discordanti circa la sua morte pare evidente che nessuno avesse intenzione di prendere vivo il Colonnello e forse neppure i suoi più stretti collaboratori e famigliari.

Ve lo immaginate un processo pubblico a Tripoli o all'Aja nel quale il vecchio raìs ricorda ai libici e al mondo che i capi del Cnt sono stati suoi ministri e corresponsabili nell'eliminazione di tanti dissidenti e in tante nefandezze compiute in 42 anni di regime? O mentre, alla sbarra, illustra i molteplici rapporti intercorsi con la Cia e i servizi segreti di mezza Europa per contrastare il terrorismo islamico o ricorda le genuflessioni ai suoi piedi di tanti leader che in questi mesi gli  hanno fatto la guerra pronti a tributare al Colonnello tutti gli onori (e anche di più) in cambio di contratti petroliferi o dell'acquisto di armi?

Meglio evitare situazioni imbarazzanti e quindi per Gheddafi
e forse anche per i suoi figli le esecuzioni sommarie erano inevitabili anche se, caduta Sirte e bloccato l'ultimo convoglio con i fuggitivi, non sarebbe stato difficile prenderli vivi.

La morte del raìs offre il destro alla Nato per annunciare
la fine delle operazioni militari, forse già nelle prossime ore, e al Cnt per ufficializzare la completa liberazione della Libia. Ma la guerra è davvero finita?

E' presto per dirlo. Di certo la morte di Gheddafi offre
l'opportunità di avviare una politica di unificazione nazionale tesa a costruire una nuova Libia ma non è detto che il Cnt abbia la forza e la capacità politica per farlo, diviso com'è al suo interno tra diverse anime politiche (laici ed
islamisti in testa) e tribali. Differenze che potrebbero accentuarsi ora che il "collante" determinato dalla lotta al comune nemico è venuto meno. I primi riscontri in questo senso li avremo presto quando si costituirà o meno il nuovo governo del Cnt che il premier Mahmoud Jibril aveva dichiarato di poter costituire dopo la cattura o la morte di Gheddafi.

Resta infine da verificare se le forze lealiste si dissolveranno
dopo la scomparsa di tutti i vertici del vecchio regime o se manterranno una capacità di contrasto militare o di guerriglia (o di terrorismo) nei confronti dei nuovi padroni della Libia. A questa ipotesi è legato a doppio filo il ruolo delle tribù Warfalla e Ghaddafa, che hanno visto distrutte le loro città di Sirte e Bani Walid. Tenderanno la mano al Cnt o cercheranno vendetta? Nel sud poi non sarà facile convincere tuareg e popolazioni di
colore a fidarsi del Cnt dopo le rappresaglie razziste effettuate dai miliziani che hanno ucciso, torturato e imprigionato migliaia di uomini accusati di essere mercenari "africani" del Colonnello. Come in Iraq negli anni scorsi anche in Libia la fine del dittatore chiude un'epoca ma è presto per dire se coincida o meno con la pace e la stabilizzazione.




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