Beirut - Almeno 12 oppositori, secondo fonti mediche, sono rimasti uccisi ieri in Yemen quando le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco contro una manifestazione nella capitale Sana’a. Altri testimoni hanno detto che 10 miliziani di un clan tribale schieratosi contro il regime sono rimasti uccisi in un attacco della Guardia repubblicana alle loro postazioni nel nord della capitale.
A contribuire al clima di caos nel quale il Paese sembra precipitare dopo nove mesi di proteste contro il presidente Ali Abdallah Saleh, al potere da 33 anni, sono le azioni nel Sud e nell’Est dello Yemen dei miliziani di Al Qaida nella Penisola arabica (Aqpa).
L’esportazione di gas dal terminale di Balhaf, sul Golfo di Aden, un’attività in cui ha una quota la compagnia francese Total, è stata interrotta e il personale è stato evacuato dopo un attacco compiuto con lanciarazzi contro il gasdotto che lo alimenta.
L’azione sembra essere stata compiuta per rappresaglia contro tre raid aerei, apparentemente americani, contro postazioni dell’Aqpa nella provincia di Chabwa, in cui sette miliziani sono stati uccisi.
Tra di loro, l’egiziano Ibrahim al Banna, responsabile mediatico dell’organizzazione, e un figlio di Anwar al Awlaki, un Imam americano-yemenita ispiratore di diversi attentati contro gli Usa, ucciso a sua volta il 30 settembre scorso in un raid aereo.
Secondo diverse testimonianze gli incidenti avvenuti ieri a Sana’a sono scoppiati quando decine di migliaia di oppositori sono partiti in corteo dalla Piazza del Cambiamento, dove godono della protezione delle truppe del generale dissidente Ali Mohsen al Ahmar, fratellastro del presidente Saleh, per spingersi verso il centro della capitale, controllato dalle forze governative.
Le forze di sicurezza li hanno attaccati lungo il Viale al Zubeiri, punto di contatto tra gli schieramenti delle due fazioni militari, e li hanno dispersi con l’uso di candelotti lacrimogeni, cannoni ad acqua ma anche a colpi d’arma da fuoco.
«Nel nostro ospedale sono arrivati più di cento feriti - ha detto alla televisione panaraba Al Jazira il dottor Tariq Noman, capo dei chirurghi che operano in un ospedale da campo montato su Piazza del Cambiamento - e molti di loro erano stati colpiti da proiettili al petto, alla testa e alla schiena, apparentemente sparati da cecchini».
Immagini video diffuse dagli stessi oppositori mostrano l’ospedale affollato da feriti e poi i corpi senza vita di alcuni giovani stesi a terra, con sangue sul petto. Secondo una lettera inviata alle Nazioni Unite dal movimento giovanile di protesta, sono almeno 861 le persone uccise e non meno di 25 mila quelle ferite nei nove mesi di manifestazioni.
Ma gli oppositori continuano nella loro protesta, che sembra aver ripreso vigore dopo che una dei loro leader, la giornalista Tawakkul Karman, è stata designata come una delle tre vincitrici del Premio Nobel per la Pace.
Intanto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu sono cominciate questa settimana consultazioni su un progetto di risoluzione avanzato dalla Gran Bretagna che prevede l’uscita di scena del presidente Saleh in cambio dell’immunità.
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